Un pornografo di successo
di Franco Pezzini
Hanns Heinz Ewers
Immaculata e altre storie macabre
pp. 172, € 18
Hypnos, Milano 2022
In Italia la letteratura fantastica non anglofona “storica” (fino a metà novecento) incontra ancor oggi importanti difficoltà di accesso editoriale: e sono i piccoli editori a tentare esperimenti coraggiosi. Come per esempio le meritevoli Edizioni Hypnos di Andrea Vaccaro, che dal 2010 hanno costruito uno splendido catalogo, con una bella cura anche grafica e contributi ai paratesti di qualità un po’ varia ma spesso alta – come nel caso del volume in esame. A fianco di romanzi (anche recenti) italiani, il catalogo Hypnos conta autori eccellenti anglosassoni (William Hope Hodgson, Robert Aickman, Ramsey Campbell eccetera, compreso qualche titolo di Machen e Blackwood) ma anche francofoni (J.-H. Rosny aîné, Jean Ray, Claude Seignolle) e tedeschi. Tra questi ultimi Karl Hans Strobl e il gruppo della sua rivista “Der Orchideengarten” (1918-1921), nonché un autore spesso considerato il contraltare al mite, misticissimo Gustav Meyrink del Golem: quell’Hanns Heinz Ewers (1871-1943) assoggettato a una sorta di tacita damnatio memoriae sia per la morbosità dei suoi racconti, sia perché amato da Hitler e colluso col nazismo (da cui l’interesse peloso di lettori nostrani di estrema destra, alla compulsiva ricerca di firme da annettere a un patheon de noantri). Una figura insieme equivoca e dotata di sghemba dignità, ma che più correttamente occorre considerare uno dei frutti tardivi di Weimar, con tutti i sincretismi e le scivolate ideologiche, un certo maldigerito romanticismo nazionalista, il peso di legami personali e ambientali con cerchie molto diverse, le ossessioni più torbide e le contraddizioni più stridenti. Ewers aderisce al nazismo e gli presta a tratti la propria abilità visionaria (lui che ha avuto un ruolo importante nella nascita del cinema espressionista viene coinvolto come romanziere e sceneggiatore nella celebrazioni propagandistiche dell’equivoco protoeroe nazista Horst Wessel); col suo dandismo un po’ estenuato e tanto poco vitalistico irrita i gerarchi, tanto più che simpatizza per ebrei e omosessuali (fin dagli anni Venti lo troviamo schierato per abolire la punibilità dell’omosessualità maschile), rischiando di fatto la pelle durante la Notte dei Lunghi Coltelli e poi in seguito per l’ostilità di Alfred Rosenberg; e verso la fine della vita aiuta la partner ventisettenne Rita Grabowsky e vari altri ebrei a fuggire dalla Germania.
Discutibile dunque liquidarlo sic et simpliciter come autore nazista: tanto più considerando la ricchezza della sua produzione precedente. In Italia nel tempo sono apparse varie raccolte spigolate dalla sua ricca produzione di racconti (tra le ultime, nel 2017, la riproposta di un’antologia storica, Il Ragno e altri Brividi, per Meridiano Zero). Il catalogo Hypnos già presenta dal 2017 l’affascinante e torbido Alraune. La storia di un essere vivente (1911) curato e introdotto da Alessandro Fambrini, con la bella Postfazione sul tema Lo schermo infestato: Hanns Heinz Ewers e il cinema, di Walter Catalano: un romanzo malsano e magnetico sull’ennesima vamp mitologica simbolista, e nonostante tutto ancora capace di stupire un lettore odierno. Per quanto Ewers non possa tecnicamente considerarsi un cultore di magia, il sottomondo cui attinge per le sue narrazioni – e di grande successo nella Germania coeva – gronda storie dell’occulto, fantasie paranormali, abbinamenti disinvolti e bizzarri tra scienza e rituali, magari a monte del concepimento blasfemo di una femme fatale tramite una mandragora…
Il tandem Fabrini-Catalano vara ora questa bella, breve raccolta, a riproporre alcune delle ossessioni dell’autore in racconti dallo stile disteso, letterariamente non alte quanto quelle di Poe che guarda a modello, ma circonfuse di una luce livida di tutto interesse. All’Introduzione di Alessandro Fambrini seguono dunque cinque testi narrativi e una prosa critica Edgar Allan Poe, da fasi diverse della produzione di Ewers. La citata prosa su Poe, scritta nel 1905 ed edita l’anno dopo, dedicata a Meyrink e composta almeno virtualmente sull’Alhambra, dà conto di un preciso gusto neogotico della Germania inizio secolo: il ritratto che Ewers offre di Poe è pesantemente idealizzato, con un totale travisamento dello sforzo del biografo John Henry Ingram di riportare il profilo dell’Americano maledetto a coordinate storiche documentate dopo l’opera di disinformazione del patologico diffamatore Rufus Wilmot Griswold. Al trentaquattrenne Ewers interessa il proprio Poe, che dall’estatica dannazione etilica farebbe sorgere la propria arte coi relativi mondi fantastici. È chiaro che il testo, che giustamente Fambrini definisce un “racconto” (e che curiosamente non si sofferma nell’analisi di singoli testi dell’americano), in un tessuto echeggiante freudismi ed echi nietzschiani, è molto più utile agli studiosi di Ewers che a quelli di Poe.
Una seconda fase rimonta all’inizio degli anni Venti e alla raccolta Nachtmahr (1922) con i tre racconti Il tradimento più atroce (che a dispetto di un certo garbo formale e dell’ammorbidimento in suggestioni telepatiche, tratta del motivo scioccante della necrofilia), Amore estremo (storia di musica, passione e suicidio, rimanda alle credenze superstiziose sulla corda degli impiccati e a un feticismo dell’impiccagione ben documentato nell’arte di Weimar), Mia madre, la strega (una storia macabramente ironica il cui titolo già dice molto). Non è difficile immaginare le situazioni descritte come interpretate dagli attori espressionisti con gli occhi truccati pesantemente, le espressioni enfatizzate in modo grottesco e gli spazi oniricamente dilatati dall’effetto Schüfftan. Mentre il perverso si tinge di convinzioni occultistiche, un’ironia a volte fiabesca fa inaspettatamente capolino qui e là.
La terza fase riguarda invece il periodo in cui Ewers, caduto in disgrazia agli occhi dei padroni della Germania, tenta di canalizzare la sua arte verso opere nuove. Ne sono testimonianza due racconti iniziati negli anni Venti ma chiusi – come a vuotare i cassetti – nel 1843: cioè Seconda vista (una storia di chiaroveggenza), e quell’Immaculata che offre titolo alla raccolta. Una splendida storia, quest’ultima, recuperata tra gli inediti di Ewers solo nel 2020, dove inarginate fantasie d’incesto conducono a surreali amplessi a distanza e ingravidamento tramite (forse) succubatio, in chiave evidentemente satirica verso la frenesia eugenetica del Reich. Affascinante la relazione illusionistica e trasversale tra lo Jan Olieslagers dei racconti, presente in Immaculata ma già in Il tradimento più atroce, alter ego vitale e razionale, riveduto e corretto dello stesso Ewers (laddove il Frank Braun della trilogia di romanzi che trova in Alraune il capolavoro ne rappresenta invece la versione torbida e maledetta). Come pure il rapporto tra il registro fantastico e quanto di acremente realistico vi rimane alle spalle, dalla critica all’America dei reietti alle vicende degli internati tedeschi della Grande guerra, al ruolo stesso di una madre soavemente dispotica dove si proietta il ritratto autentico di quella dell’autore.
“I racconti che presentiamo in questa raccolta” osserva Fambrini, chiudendo l’Introduzione “tra i suoi più vividi e significativi, rappresentano allora un corollario all’idea ewersiana dell’arte così come è formulata nel saggio su Poe, e del ruolo di primo piano che in essa riveste il fantastico, e al tempo stesso il distacco da quel modello che nel corso del tempo si produce nella sua narrativa: un distacco che è anche crescita e ricerca di forme espressive nuove e diverse”.
Il volume si chiude con un’ottima Postfazione di Walter Catalano, Hanns Heinz Ewers. Ascesa e caduta di un pornografo di successo (la definizione un tantino stroncante è di Brecht). Che inizia col sottolineare come l’arco tra gli anni Venti, in cui i racconti di questa raccolta vengono almeno iniziati, e il 1943, quando gli ultimi si chiudono ed Ewers ha ormai alle spalle da tempo i suoi loschi commerci col nazismo, segni nei fatti la parabola di un destino letterario e umano. Dove è necessario anzitutto un rigoroso vaglio delle fonti a disposizione, che Catalano conduce con lo sguardo attento a due linee fondamentali per la comprensione dell’enigma-Ewers, quella ideologica e quella delle agenzie esoteriche nella Germania che precede e poi vive il nazismo: un nodo di estremo rilievo per qualunque valutazione solida, a fronte di tutta una mitizzazione popolare postmoderna (il “nazismo magico”, dal Mattino dei maghi a Indiana Jones), tra affermazioni incontrollate e affabulazioni immaginifiche.