Simone Carbonera – Ococlo

Vi è mai capitato di passeggiare per vicoli guardinghi, stelle oscurate sopra la testa e schegge lucenti sotto le scarpe, con dentro un meraviglioso sentimento di idiozia? Ogni pensiero lavato da quell’ultimo bicchiere, sola preoccupazione tener lontano l’odore fresco della città, che insidia quello caldo ancora nel vostro naso? E avete mai, proprio al culmine di questa pace effimera, alzato lo sguardo su una notte che palpita allo schiudersi della vostra pupilla, mentre il vostro battito accelera e le vostre gambe si bloccano, con al centro una figura che mai speravate di vedere? Avete mai, in poche parole, incontrato il ghigno cangiante di un Ococlo?

So bene cosa vi chiedete. È una domanda che ci facciamo tutti, al sentire questo nome, e che anch’io mi sono fatto a lungo (non quella notte, quella notte non pensavo a niente). Cosa farei se succedesse a me? Cosa farei se fossi io, a incontrarne uno sulla mia strada? Ebbene, intendo rispondervi. Perché quel camminatore idiota e contento, come avrete capito, ero io, e quella situazione io l’ho vissuta.

Ho deciso, infatti, di deviare dalla vaghezza condivisibile dei nostri articoli, e di ricordare con voi questa mia spiacevole esperienza (per l’editore che sento alitarmi sul collo: non sei contento, almeno, che finalmente scriva un decalogo?). Oh, non preoccupatevi per me: sono già perduto. Nel frattempo, però, posso aiutare altri a evitare la mia sorte (o a condividerla, in base alle preferenze). Vogliamo iniziare con la lista?

1 – Non incontrate un Ococlo

Iniziamo con l’ovvio e, ora che ci penso, contraddicendo la stessa premessa del nostro articolo (no, non sono un articolista eccelso). Non credo ci sia altro da aggiungere.

2 – Premuratevi di non incontrare un Ococlo

E va bene, guadagniamoci questa pagnotta; qualcosa da aggiungere ci sarebbe. Gli Ococli sono notoriamente pigri, per cui tendono a trascinarsi e rotolare giù per le discese: se volete evitarli non siate come loro e, se potete, scegliete sempre strade in salita. Certo, potrebbe non rivelarsi pratico in ogni situazione, e nulla vieta che incrociate un Ococlo che scende mentre voi salite. Per cui, come addizionale precauzione, vi direi di stare attenti alle svolte: girare verso il sole è sempre più sicuro che verso la luna, ed evitate come la peste angoli color pastello. Spero sia tutto chiaro. 

3 – Non fermatevi 

Ormai è fatta, non siete riusciti a eludere l’incontro. Forse eravate distratti, forse (colpevole) vi siete lasciati condurre da un passo indolente, ramoscelli in un fiume placido, finché i palazzi hanno cominciato a sfumare, e la strada da scegliere non è parsa più così importante. Non volevate tornare a casa, magari?

D’un tratto lui è lì, accucciato nelle sue spire. È strano, ma l’inevitabile lagna contro il destino che vi si forma in testa non somiglia tanto a un “perché a me?”, quanto a un “perché proprio adesso?”. 

Potreste ancora riuscire a salvarvi, se dimostrate un briciolo di buon senso. Andate avanti, guardate altrove, se necessario passategli accanto fingendo noncuranza (d’altronde, del vicolo occupa più l’altezza, che la larghezza). Ignorate il profumo vermiglio che vi brucia le narici, e non fermatevi. Non sarà facile però, vi avverto. Perché per quanto sia difficile capire dove punta lo sguardo, sapete bene che lui vi ha già visto. E per qualche motivo inspiegabile, sarete voi a voler rimanere.

4 – Non parlate all’Ococlo

Voi lo guardate, lui guarda voi, gli edifici occhieggianti e chissà cos’altro. Non sarà certo l’essere a prendere la parola, ma il suo volto vi invita a farlo; pur non sapendo come, subodorate una richiesta in quella smorfia mutevole. Non cedete. La prima parola che vi uscirà di bocca sarà il vostro primo passo verso la rovina. Ma se proprio vi è impossibile evitare di parlargli, perlomeno:

5 – Non iniziate con una frase di cortesia

«Bella nottata», vi sentite dire, e già maledite la vostra linguaccia.

«Non c’è male», risponde la creatura, flettendo le ali diafane. 

«Si riesce a vedere qualche stella.»

«No, non è vero», sorride l’Ococlo.

Forse, dopotutto, non conta tanto ciò che dite; forse a parlare per voi sono più la voce tremula, le unghie conficcate nella carne dei palmi; forse, la cosa guarda dritto nei vostri pensieri, lenti e impastati nel ritmo che vi ristagna in mente da ore, anche adesso. Certo è che l’Ococlo ha annusato qualcosa, e quel qualcosa sembra piacergli. Comincia a muoversi, a ciondolare come un pendolo dal tempo segreto, e così facendo, come per caso, si avvicina. 

6 – Non raccontate di voi all’Ococlo

In lontananza, nella notte, qualcuno trapana.

«Passi qui spesso?» chiede una bocca.

«No, non direi» rispondete.

Quel guizzo di coda sembrava chiedere spiegazioni, per cui continuate: «È da un po’ che non esco la sera, in realtà.»

Non è una cosa che voi direste? E va bene, l’ho detto io. 

«Perché?»

«Poco tempo, immagino.»

L’Ococlo annuisce (almeno credete).

«Troppo lavoro?»

«Più o meno.»

«Non puoi staccare?»

«Non proprio, ecco…»

L’Ococlo inclina il capo, lo rivolta, lo accartoccia.

«Insomma… Potrei finire prima, se volessi.»

«Ma non lo fai», completa l’essere.

Annuite. 

«E non è solo il lavoro.»

«Certo, certo.»

È vicino adesso, molto vicino. Accanto alla paura, in voi sentite rabbia. Rabbia con l’Ococlo, con il vicolo traditore e la città indifferente, ma soprattutto rabbia con voi stessi, perché siete caduti in trappola e non riuscite a uscirne. Persino adesso, però, ricordatevi:

7 – Non digrignate i denti

È una brutta abitudine, vi rovina i denti e ho sentito che influenza anche la postura. In più, che senso ha serrare le mascelle giorno dopo giorno, se tanto poi incontrate la fine in un vicolo squallido?

8 – Non cercate ragioni

Qualcosa, sperate il vento, fa parlottare i rifiuti per la strada. 

«E perché oggi sei qui?»

«…come?»

L’Ococlo fa una capriola, e quasi gridate.

«Perché sei uscito, stavolta?»

«Io non…», balbettate. Provate disperatamente a trovare una buona ragione, un motivo valido per cui questa volta non siete riusciti a rimanere davanti a quello schermo, pieno di lettere in fila e nessun significato. 

«Perché no?», dite alla fine.

«Capisco», mormora l’Ococlo. Il suo respiro vi solletica il volto.

Davanti a voi, l’essere si solleva in tutta la sua altezza, e i vostri occhi provano a tracciare il profilo di quella sagoma assurda contro il cielo, senza successo. Se ha mai avuto un’intenzione, ora è di sferrare il colpo finale.

«Vieni con me?», dice.

9 – Non seguite l’Ococlo

Sembra un consiglio ovvio, eppure, quando la bestia ha iniziato a propagarsi per le strade sognanti, io l’ho seguita. No, cari lettori, l’Ococlo non mi ha ucciso; non mi ci vedo a scrivere articoli dall’oltretomba e, nel caso remoto, non credo che scriverei su “Tempo Ben Speso” (con tutto il rispetto per questa fiera testata). L’unica violenza che mi ha fatto l’Ococlo è stato parlarmi. Mi ha detto ciò che pensa, e mi ha mostrato la città (la sua città).

Non saprei dire se l’Ococlo mi abbia tolto o donato qualcosa; so solo che il cambiamento è irreparabile. Adesso, vedo il mondo con un taglio diverso: i riflessi sono più contorti, le linee più strane, mentre mi perdo cose che prima sembravano scontate. In generale, trovo il panorama più buffo. Sarebbe ora di metter mano alla mia descrizione in coda agli articoli, ora che ci penso. 

10 – Non raccontate del vostro incontro con l’Ococlo

So bene che potreste non dare fede alle mie parole, e per questo fare la mia stessa, orrida fine. C’è un’ultima cosa in cui potrete mostrarvi migliori di me. Tenete per voi questo infame bagaglio. Tenetelo nascosto. Vergognatevene. Mentre alla fine arrivate a casa, non pensate a quanto interesse potrebbe causare il nome temuto dell’Ococlo, né a quanto sarebbe facile scriver la storia, se chi legge non ha mai visto l’arcana creatura. Se il fatto verrà vissuto da altri, ma mai allo stesso modo. Non raccontate degli artigli setosi, delle giunzioni oblunghe e del ghigno fremente, degli arti confusi nel buio angoloso. Soprattutto, tenete segrete le vedute dell’Ococlo.

Giulio Sisti ha iniziato a scrivere per “Tempo Ben Speso” appena dopo la laurea in architettura. Crede che gli articoli debbano fare più che incuriosire; crede in un giornalismo affidabile, di qualità e, soprattutto, chiaro.