recensione di Costanza Mondo
Rose Tremain
Isole di grazia
trad. it di Giuliana Scocchera
pp. 456, € 22,
Einaudi, Torino 2021
Isole di grazia
trad. it di Giuliana Scocchera
pp. 456, € 22,
Einaudi, Torino 2021
Rose Tremain è stata due volte candidata per il Booker Prize, ed è recentemente ritornata al genere del romanzo storico con Isole di grazia. L’irlandese Clorinda Morrissey decide di dare una svolta alla sua vita vendendo una preziosa collana di rubini ereditata da sua madre. Si trasferisce da Dublino a Bath e apre una sala da tè, che diventa punto di ritrovo dell’intero paese e da dove Clorinda può guardare con fiducia a un futuro che “profumava di marmellata di lamponi, scones appena sfornati e fragrante torta al limone”. Il romanzo esordisce così, con questa immagine di forza di volontà e determinazione, uno spaccato dell’epoca vittoriana tra Bath, Londra e il Borneo. In questa sala da tè fa il suo ingresso Jane Adeane, una donna dall’inusuale statura e dalle molteplici richieste di matrimonio, prima tra tutte quella di Valentine. Rose Tremain cita, tra gli autori celebri della letteratura inglese, soprattutto Jane Austen, quando in uno dei suoi capolavori più celebri, Orgoglio e pregiudizio, Mr. Darcy chiede per due volte la mano di Elizabeth Bennett. Jane – Adeane, non Austen! – è un personaggio costruito con l’intento di sorprendere il lettore per il suo carattere deciso, per la sua sicurezza, per il bisogno di autonomia e indipendenza. Il romanzo, non a caso, mette al centro diversi personaggi femminili molto forti, che spiccano ogni volta su quelli maschili, decisamente meno memorabili. Jane e Clorinda sono due donne diverse che hanno il coraggio di accogliere il cambiamento per scoprire la loro identità all’interno della società vittoriana. Per Jane in particolare questo percorso assume un significato ancora più profondo e si configura soprattutto come scoperta della propria identità sessuale: a Londra incontrerà il vero amore in Julietta e il romanzo racconta tutta la dolcezza del loro amore saffico. Mentre in Inghilterra si snodano le appassionanti vicende di Jane, Clorinda e altri personaggi, e mentre i lettori familiarizzano con la cittadina di Bath, ordinato e fiorente centro termale, Rose Tremain trasporta all’improvviso i suoi lettori nel Borneo. Lì la natura regna incontaminata, e le foreste pullulano di colorate forme di vita; il clima è imprevedibile, le piogge torrenziali. In questo ambiente selvaggio troviamo alcuni personaggi cardine del romanzo, le cui storie – ovviamente, verrebbe da dire – si annodano con quelle dei personaggi lasciati in Inghilterra. Nel Borneo vivono il rajah inglese Ralph Savage e il suo amante malese Leon: anche con loro, Tremain descrive personaggi alla ricerca della loro realizzazione personale, che per Sir Ralph si configura come la costruzione di una strada capace di resistere alle forze della natura, mentre per Leon è un’attività imprenditoriale che lo renda ricco e indipendente. Persino l’anziano Sir William, il medico di Bath vedovo da venticinque anni, riesce a dare alla propria esistenza un’ultima svolta: per lui, come per tutta questa girandola di personaggi, sembra valere la regola fondamentale su cui Tremain ha incardinato l’opera: “l’amore è la benedizione più grande che si possa trovare”.