Tempi e contesti di presenze e reazioni
di Laura Schettini
Maya De Leo
Queer
Storia culturale della comunità LGBT+
pp. XII-260,, € 19,
Einaudi, Torino 2021
Dalle molly houses, le isole clandestine della socialità omosessuale nell’Inghilterra del Settecento, alla Queer Nation, nuova frontiera della critica totale agli imperativi di genere nel nuovo millennio, in questo libro troverete finalmente ricostruita in modo completo, accurato e, allo stesso tempo accessibile, la storia di lungo periodo dei soggetti eterodossi in quanto a genere e sessualità in Europa e negli Stati Uniti. Proprio lo spazio di riferimento del volume è un primo elemento da cui partire, perché aiuta a definire molte altre cose. Berlino, Parigi, Londra, San Francisco, New York, Boston, Amsterdam, Vienna, Roma, Firenze, Napoli, sono i punti tra cui si dipana il racconto. É qui che prendono forma e si sviluppano, a partire compiutamente dall’Ottocento, i luoghi di aggregazione – appartamenti, locali clandestini, bar pubblici, sale spettacolo, circoli di lettura, sedi politiche, saune – dove omosessuali, lesbiche, bisessuali, travestiti, transgender, queer, si incontrano, seducono, incrociano relazioni, organizzano, resistono, discutono, creano alleanze o consumano fratture. Si fanno insomma quella comunità – varia, composita, a tratti sfuggente – che Maya De Leo richiama nel sottotitolo del suo libro. L’autrice, dunque, guarda a un’area geografica vasta, ma dal perimetro definito: la comunità Lgbt+, esperienza che si realizza nel solco dei processi di sviluppo delle società industriali e delle realtà urbane, delle trasformazioni delle forme della partecipazione politica innescate dall’età delle rivoluzioni e dei diritti, dell’egemonia guadagnata negli ultimi due secoli dalla cultura scientifica nell’interpretazione e nel governo dei fatti umani. Il riferimento geografico contribuisce allora anche a mettere meglio a fuoco la categoria di persone o comunità Lgbt+, protagoniste del libro. Con questo acronimo, in questo libro, si raccoglie la storia delle persone che hanno avuto relazioni sessuali e affettive con persone del proprio sesso (o di entrambi i sessi), di quelle che hanno sovvertito o semplicemente disatteso i modelli di mascolinità e femminilità prescritti, di quelle dal sesso “incerto”, ma si evoca anche la storia dell’attenzione medica e politica che le ha investite, accomunandole in un’unica categoria e, per un altro verso, le vie attraverso cui persone sospinte nell’invisibilità, silenziate o apertamente perseguitate, si sono fatte soggetti politici.
In questo senso, i nove capitoli che compongono il volume ruotano intorno a due parole chiave: presenze e reazioni. I percorsi tracciati, per entrambe, non sono tuttavia né lineari né progressivi e questo uno dei risultati pi convincenti e suggestivi del libro. Maya De Leo ha messo a lavoro la vasta mole di studi internazionali che negli ultimi quarant’anni ha restituito alla storia le vicende e le esistenze delle persone Lgbt+ in diversi paesi e ci consegna nel libro anche un ricco repertorio di fonti. Il quadro di insieme che se ne ricava è proprio quello di un’alternanza di momenti in cui le presenze sono visibili con fasi di rinnovata ostilità e ostracismo politico, scientifico e sociale. Ugualmente, i periodi esaminati sono attraversati da spinte ed elementi di segno opposto, tanto da presentarsi in alcuni casi come teatro di feroci politiche repressive e, al contempo, di inaspettati spazi di libertà. La seconda metà dell’Ottocento, per esempio, segnata in Italia come in Germania, Austria, Francia, Inghilterra dall’egemonia culturale del paradigma medico psichiatrico, che apre la stagione della patologizzazione dell’omosessualità e delle “ambiguità” di genere e dei relativi trattamenti riservati alla classe dei pervertiti e degenerati (dall’internamento manicomiale alle terapie chirurgiche correttive), allo stesso tempo, è la scena delle prime forme di (auto)riconoscimento collettivo dei soggetti Lgbt+. Sono gli anni in cui si levano pionieristiche voci, soprattutto in Germania e Austria, per la depenalizzazione dell’omosessualità e prendono forma le prime organizzazioni omofile che puntano all’integrazione, animate principalmente da uomini di classe medio-alta. Nondimeno, sul finire del secolo ormai in tutte le grandi città europee suscita allarme e preoccupazione la diffusione di una vera e propria sottocultura urbana, che attinge a codici, luoghi e pratiche sociali specifiche, condivisa dalle persone Lgbt++ delle classi popolari e da altre figure sospinte ai margini della società, nei bassifondi cittadini, come le prostitute.
Fermenti che si realizzano pienamente negli anni dieci e venti, la tardiva belle èpoque della comunità Lgbt+, quando il mondo dell’intrattenimento, la scena artistica e i circoli intellettuali sono visibilmente caratterizzati dalla presenza creativa di donne e uomini en travesti, di coppie e reti di lesbiche e omosessuali. Proprio la storia restituita di questi due decenni, ai quali l’autrice tributa anche la bella copertina del libro che ritrae le avventrici assolutamente queer del locale parigino per sole donne Monocle, negli anni venti, contribuisce a scuotere periodizzazioni consolidate, come quella che vorrebbe nel decennio settanta la “nascita” della comunit à Lgbt+. I capitoli dedicati agli anni trenta e quaranta, gli anni del fascismo, del nazismo, della guerra, si avvalgono della ricca storiografia che ha studiato la stretta repressiva di quei decenni, il confino degli omosessuali, la pervasività del culto della maternità per le donne, le deportazioni e, ancora nel segno della complessità, le possibilità e le occasioni paradossalmente aperte dalla guerra, evento che costringe giovani uomini a cameratismo e contatti prolungati e, allo stesso tempo, emancipa giocoforza le donne dall’ambito prettamente domestico.
Guardando, inoltre, al ruolo che anche la sessualità, le (presunte) abitudini sessuali sregolate delle popolazioni indigene delle colonie o delle persone nere nelle città americane, hanno avuto nella loro razzializzazione o rappresentazione come selvaggi, incivili, bestiali, De Leo riprende una questione, già al cuore delle prime pagine del volume e che ritorna a più riprese, di grande rilevanza: il ruolo che la sessualità riveste nella significazione delle relazioni di potere. Oltre, quindi, a condurci per oltre due secoli al cospetto dei modi in cui le persone Lgbt+ hanno vissuto e di come sono state percepite, il libro non manca di guadagnare densità e profondità teorica quando discute, parlando di rivoluzione francese, di nazismo, della svolta moralizzatrice degli anni cinquanta, ma anche dell’epidemia di aids degli anni ottanta e novanta, dell’uso e dell’abuso della questione (omo)sessuale nell’immaginario e nella contesa politica. Se per denigrare aristocratici e nazisti si ricorse abbondantemente alle figure del lesbismo e dell’omosessualità maschile, per rinforzare la rappresentazione dei nemici come esseri predatori e depravati, nella seconda metà del secolo scorso riconoscibile in più momenti e in più culture politiche, anche di segno opposto, la tendenza è a fare delle esistenze Lgbt+ il simbolo dei rischi della modernità e dei cambiamenti nelle strutture sociali e familiari. Esemplare per questo, ma non solo, l’appassionante racconto dell’impatto che l’aids ha avuto nel modo di percepirsi e percepire la sessualità e la comunità omosessuale.
Nel suo lavoro, dunque, Maya De Leo segue molteplici piste e si muove a più livelli di analisi, riuscendo comunque a costruire una storia coerente. Al centro ci sono le presenze Lgbt+ e le reazioni da esse suscitate nel corso del tempo e a seconda dei contesti. Non si tratta, tuttavia, di un soggetto universale, e proprio la capacità di restituire il modo in cui le differenze di classe, genere, razza e generazione hanno giocato anche in questa storia è, in ultima analisi, ciò che fa di questo un libro genuinamente queer.
laura.schettini@gmail.com
L. Schettini insegna storia delle donne e di genere all’Università di Padova