Reazioni in stile paranoide
di Santina Mobiglia
Le leggende metropolitane risalgono a ben prima delle moderne metropoli, dunque la prima fake news a essere smentita dal libro di Tommaso Braccini Miti vaganti. Leggende metropolitane tra gli antichi e noi (il Mulino, Bologna 2021) è che le fake news siano un fenomeno tipico dell’era digitale. Sono narrazioni antiche e longeve, almeno nei loro paradigmi ripercorsi in prospettiva diacronica dall’autore, filologo classico che esplora i testi degli antichi con l’occhio curioso dell’etnoantropologo, puntando ad accorciare le distanze fra loro e noi.
Certamente i nuovi media e i social networks amplificano, favoriscono e accelerano la diffusione delle fake news, ma alle spalle c’è una lunga tradizione che è diventata oggetto anche di un campo specifico di ricerche a partire soprattutto dalle fausses nouvelles preoccupanti per la tenuta delle truppe e dell’opinione pubblica in Francia durante la prima guerra mondiale, come poi negli Usa dopo Pearl Harbor. L’ampia bibliografia ragionata in appendice al volume ne fornisce un’aggiornata documentazione scientifica, che ha il suo culmine recente nel repertorio globale (Encyclopedia of Urban Legends, Abc-Clio Inc., revised 2012) messo a punto dallo studioso statunitense Jan Harold Brunvald, sulla base di una classificazione standard per tipologie di storie divenuta imprescindibile a livello internazionale. Dicerie allarmistiche o denigratorie, favolette mirabolanti o semplicemente derisorie spacciate per vere e riferite al presente sono rintracciabili in ogni epoca e cultura, dalla Mesopotamia alla Cina, dagli etruschi ai greci e latini e via via fino a noi: nella più ampia famiglia dei folktales, sono catalogate dagli studiosi come “leggende contemporanee”, perché accomunate dalla caratteristica di essere sempre raccontate come accadimenti inauditi testimoniati di recente o in un passato molto prossimo. Innumerevoli le storie di alligatori e piovre mostruose che sbucano da fogne e latrine, di ratti che invadono le città e di grovigli di serpenti, comprese le voci di vipere paracadutate in paesi europei da associazioni ecologiste per ripopolare la fauna o contrastare i cacciatori. Emblematiche le reincarnazioni del capro espiatorio, dai riti infanticidi imputati ai primi cristiani e poi a loro volta da questi agli ebrei, fino alle gang di neri accusate di sequestrare nei supermercati ragazzini bianchi per castrarli. C’è poi la storia dell’inventore del vetro flessibile, fatto giustiziare dall’imperatore Tiberio, e poi nel corso del tempo da Richelieu e da Napoleone, per le conseguenti minacce alla fiorente produzione vetraria: la prima fonte è Petronio nel Satyricon, con successive riprese che documentano una trasmissione scritta. Altra fonte preziosa per le attestazioni precoci e molteplici di credenze incantatorie è l’Amante della menzogna, dialogo satirico scritto con intenti irrisori dei creduloni dallo scettico Luciano di Samosata nel II secolo d.C. Ma in molti casi si può pensare a migrazioni orali di storie che attecchiscono dove trovano un terreno favorevole magari adattandosi con opportune varianti, senza escludere comunque le ipotesi di uno sviluppo autonomo di racconti analoghi per “poligenesi”.
Leggende, bufale, rumors che trovano facilmente followers pronti a crederle vere perché rispecchiano paure, inquietudini o pregiudizi diffusi nei confronti di minoranze stigmatizzate o di comportamenti trasgressivi. Tipica la messa in guardia dai rapporti occasionali nella storia della ragazza immediatamente disponibile a una notte d’amore che si rivela un’untrice di Aids o che farà ritrovare nel suo letto il malcauto partner con un rene espiantato. Altro aspetto ricorrente del comune sentire è la diffidenza verso le autorità e i poteri costituiti, da cui la tendenza, di fronte all’irrompere di eventi traumatici, ad attribuire a loro trame occulte, dalle complicità dell’imperatore Onorio nel sacco di Roma di Alarico ai sospetti sulla presidenza Bush per il crollo delle Torri Gemelle. Complottismi non sempre innocui, visto che, ancora nell’Europa dell’Ottocento, le presunte congiure di medici e infermieri dietro la diffusione del colera hanno ripetutamente dato luogo a esplosioni di violenze e aggressioni persino omicide.
Le fantasie cospirazioniste hanno corsi e ricorsi ben presenti anche ai giorni nostri nella retorica politica, e ad analizzare le suggestioni performative di questo genere specifico di “miti vaganti” offre un contributo significativo l’opportuna riedizione, tanto più dopo la presidenza Trump, del breve saggio dello storico statunitense Richard Hofstadter, Lo stile paranoide nella politica americana (Adelphi 2021), ormai un classico sul tema. Scritto nel 1952, in pieno maccartismo, è una puntuale ricognizione attraverso due secoli di storia degli Stati Uniti del riproporsi di una visione manichea che mira a mobilitare l’opinione pubblica contro le presunte forze del male di volta in volta individuate in gruppi o attori subdolamente all’opera contro la parte buona della nazione. È una forma di vittimismo persecutorio che vede ovunque agenti del nemico, e si va dai complotti dei giacobini ai sospetti maniacali contro i massoni, i cattolici, e poi ancora gli ebrei, i neri e nel Novecento naturalmente i comunisti, fin dai tempi del New Deal di Roosevelt. A differenza del paranoico clinico, che vede il mondo ostile “specificamente contro di lui”, lo stile paranoide in politica denuncia una minaccia collettiva con l’indignazione morale di chi si sente mosso da passioni “altruistiche e patriottiche”. Senza dubbio prevalentemente connotate a destra, e “ingrediente tipico del fascismo e dei nazionalismi frustrati”, queste narrazioni non sono certo un fenomeno esclusivamente americano e si ritrovano anche a sinistra, nella storia dello stalinismo o di movimenti populisti radicali. Nelle reazioni in stile paranoide di fronte a cambiamenti percepiti come minacciosi e destabilizzanti Hofstedter non vede una semplice invenzione maniacale di fatti inesistenti, quanto piuttosto una loro rielaborazione incontrollata e immaginifica a conferma di proprie preconcette certezze identitarie. Sono scorciatoie semplificatorie, vie di fuga dalla complessità dei processi storici, che più vicino a noi tornano a vedere in atto oscure trame dei potenti, come ci ricorda Braccini citando l’intervento di una deputata al Parlamento italiano, nel maggio 2020, che nell’epidemia di coronavirus vede il piano diabolico dei plutocrati, capeggiati da Bill Gates, per imporre all’intera popolazione mondiale un vaccino in grado di causare sterilità o malattie mortali allo scopo di ridurla drasticamente. Obiettivo che peraltro già gli antichi avevano attribuito a Zeus, orchestratore di guerre sanguinose, fino a quella di Troia, contro il proliferare incontrollato di masse umane sulla terra. Braccini auspica che una maggiore familiarità con le radici antiche delle fake news possa costituire un antidoto utile a smascherare quelle attuali. E Hofstadter spera con il suo saggio di aver dato un contributo allo studio della storia, in cui “la somma conquista”, conclude citando Lewis Bernstein Namier, è raggiungere “una percezione istintiva di come le cose non succedono”.
santina.mobiglia@gmail.com
S. Mobiglia è saggista e traduttrice