di Federico Ingemi
Dante Arfelli
I superflui
pp. 313, € 17,
prima ed. Rizzoli 1949
Readerforblind, 2021
Dante Arfelli non è stato uno dei protagonisti del panorama letterario del Novecento: ha attraversato tutto il secolo rimanendo nell’ombra; le sue opere raramente lette nelle aule scolastiche. Nato nel cesenate nel 1921, fin dall’adolescenza dimostra determinazione nel volersi affermare come scrittore e giornalista; i fallimenti però sono molteplici, e presto il suo sogno si scontra con la realtà dei fatti: in un’intervista affermò di aver fatto un patto con se stesso: “adesso scrivo un romanzo; se ci riesco bene, se no smetto di scrivere”. Il suo progetto però non vide la luce nel breve termine: la guerra lo impegna sul fronte dei Balcani, così Arfelli è costretto a mettere da parte le sue promesse fino al congedo del 1944. Dopo cinque anni, nel 1949, l’autore emerge dall’ombra e vive uno dei rari momenti di notorietà, probabilmente il più importante, della sua intera carriera: Rizzoli infatti pubblica I superflui, il romanzo che Arfelli si era ripromesso di scrivere e il cui fallimento avrebbe potuto sancire la fine delle sue aspirazioni. Non solo lo completa e viene pubblicato, ma riceve anche il consenso della critica. Nello stesso anno infatti, la giuria del Premio Venezia, antenato dell’odierno Premio Campiello, premia la sua opera: l’amarezza della storia e i toni aspri con i quali viene narrata sono le carte vincenti del romanzo d’esordio dell’autore romagnolo.
I superflui è una fotografia accurata dell’Italia post bellica: la società vuole scrollarsi di dosso l’ingombrante ideologia fascista; la popolazione è in miseria e cerca di sopravvivere nei modi più disparati; il germe della raccomandazione e la politica del favoritismo iniziano a porre le radici lungo tutto lo Stivale. A ereditare questo paese moribondo e malato nei suoi meccanismi sociali sono i giovani; Luca, il protagonista del romanzo, è uno di questi: arrivato nella capitale dalla provincia, spera di trovare un impiego spendendo due lettere di raccomandazione, una del parroco e l’altra di un politico del suo paese. Come lui, anche gli altri giovani che si incontrano lungo la narrazione cercano, ognuno a suo modo, di migliorare le proprie vite: Lidia, una prostituta con cui Luca tesse una relazione, aspira a emigrare in Argentina; Luigi, giovane anarchico, spera in una rivoluzione politica; Alberto, universitario benestante, cerca di entrare a far parte dell’élite romana tessendo relazioni poco sincere nei salotti borghesi della città. Come “inetti” sveviani, falliscono e non riescono ad affermarsi, rimanendo anonimi tra i “superflui” che popolano Roma e l’intero paese. È inevitabile allora che nella mente di alcuni si faccia strada l’unica soluzione utile a porre fine a quelle infelici esistenze: il suicidio (“bastava pensare che in qualsiasi momento si poteva dire ‘fine’, ed era realmente la fine. Così viveva in un mondo tutto leggero e possibile”).
Nonostante il successo de I superflui – il romanzo approdò persino negli Stati Uniti nel 1951, con il titolo The Unwanted – Arfelli continua a essere scettico riguardo le leggi che muovono il mercato editoriale: questo è troppo vincolato alla quantità e non alla qualità della parola; l’autore non vuole mercificare la sua scrittura, da lui stesso definita al contempo necessaria e superflua, ed è disposto ad allontanarsi dalle luci del mondo letterario (“cerco solo di poter dire proprio la mia parola e di trovare una mia soluzione, una mia visione e basta”). Resterà fedele a questo dogma: dopo la pubblicazione de La quinta generazione (Rizzoli, 1951), passeranno venticinque anni prima che venga pubblicata la sua terza opera, Quando c’era la pineta (Edizioni del Girasole, 1975). Non interruppe mai la sua produzione artistica, solamente non la rende pubblica per non violare la sua fede nella scrittura – l’ultima opera pubblicata prima della sua scomparsa è stata Ahimè, povero me, nel 1993. Autore prolifico e capace di andare contro i propri interessi economici per difendere un’idea pura di scrittura, oggi i riflettori si accendono su Dante Arfelli: grazie alla collana “Le Polveri” della neonata casa editrice Readerforblind, che si pone l’obiettivo di “dare una nuova vita a opere che hanno fatto la storia della letteratura ma che ormai sono state dimenticate”, oggi è possibile conoscere uno scrittore capace di raccontare il paese in uno dei momenti più difficili della sua storia.