Manifesto per un animalismo democratico o di come la democrazia non è (ancora) animalista
recensione di Elena Gebbia
Simone Pollo
Manifesto per un animalismo democratico
pp.123, € 12,00
Carocci Editore, Roma, 2021
Ha un respiro profondamente umanistico l’ultimo scritto di Simone Pollo, che dopo Umani e animali: questioni di etica (2016, Carocci Editore), torna a misurarsi con i nodi etici, morali e filosofici delle relazioni tra animali umani e non umani. La forma del manifesto è quanto mai efficace per tracciare i confini teorici di una nuova proposta di animalismo democratico, che aspira a superare alcuni vizi del dibattito corrente in materia. La premessa necessaria è che l’animalismo non è uno. Esistono diversi animalismi, numerose declinazioni di una corrente di pensiero e di azione militante che persegue l’obiettivo ideale di riformare le relazioni tra umani e animali. L’animalismo democratico, in particolare, prende le mosse dalle «istanze normative legittime che l’animalismo può pretendere e avanzare rispetto al modo in cui gli animali sono trattati in una società democratica». In altre parole, rinuncia provvisoriamente a discutere ciò che è in assoluto morale o giusto, ma vuole mostrare quanto la mancata estensione di determinate tutele e diritti fondamentali agli animali sia non morale e non conforme in seno a una società che vanta tra i suoi principi fondanti il rifiuto della sofferenza non necessaria e ingiustificata, nonché la promozione della libertà di tutti gli individui capaci di apprezzarla. Tra la vita affettiva degli umani e quella dei non umani c’è una profonda continuità, che passa innanzitutto dalla comune capacità di provare dolore, ad esempio di fronte alla privazione dalla libertà. Lo evidenziava Bentham, nella Introduzione ai principi della morale e della legislazione (1789), e lo rimarcava Darwin circa cinquant’anni più tardi, teorizzando l’origine comune di tutti gli esseri viventi e di conseguenza invalidando lo specismo e l’identificazione dello status morale con l’appartenenza di specie. Oggi, tuttavia, la concezione specista sopravvive, con conseguenze etico-politiche sul nostro sistema dei diritti, che è antropocentrico e relega gli animali non umani ai margini. Di questa radicata abitudine alla sopraffazione degli animali, l’animalismo democratico deve tenere conto per calibrare le sue istanze di cambiamento. La proposta programmatica di Simone Pollo racchiude una visione lucida del proprio campo di azione, nel quale le relazioni tra animali umani e non umani sono varie, articolate, intricate, e nel quale un pluralismo morale vecchio di secoli spinge gli umani a estendere determinati diritti ad alcuni animali, mentre altri ne restano esclusi. Se alcune correnti animaliste mirano ad abbattere tale pluralismo, l’animalismo democratico lo rispetta per principio e al massimo aspira a riformarlo, rinunciando a definirsi in assoluto riformista o abolizionista.
L’autore rifiuta l’ideale dell’ingegneria sociale e, al contrario, fa propria la visione humiana dei vincoli sociali, costruiti dal basso sulla base di umanissimi sentimenti e legami, e per questo non immutabili né eterni. Auspica che l’attivismo animalista non si rivolga solo alle istituzioni per ottenere nuove riforme di legge, ma che stimoli le leve immaginative degli individui per portare la società democratica a riflettere su se stessa e a progredire. Per giungere a questo scopo, un animalismo che si dica democratico deve adattarsi ai ritmi e ai linguaggi di un modello sociale nel quale il rispetto per il pluralismo delle opinioni impone una lenta gradualità nelle riforme e un continuo bilanciamento degli interessi. Nella proposta di Simone Pollo, ciò si traduce in un fermo ideale di non violenza, in un pragmatismo e in una serena lungimiranza che spesso mancano in certe proposte di animalismo di stampo abolizionista. Ad esempio, oggi sarebbe utopistico immaginare di conferire pieni diritti di cittadinanza agli animali non umani, oppure escludere del tutto la sofferenza animale dall’alimentazione umana e dalla sperimentazione scientifica. L’animalismo democratico è immerso nel suo tempo, sostiene modelli di inclusione realistici e adeguati al grado di evoluzione storica ed etica della società attuale. Questa appare la migliore strada percorribile per fare sì che, in futuro, l’animalismo, così come l’ecologia in senso più ampio, siano considerati «virtù democratiche»: non esercizi di diritti imposti dall’esterno, ma veri e propri pilastri per lo sviluppo delle società liberaldemocratiche.