Pagina a cura dell’Ufficio di presidenza della Commissione per la Biblioteca e l’Archivio storico del Senato
Si pubblicano, a seguire le tracce audio degli scambi di domande e risposte tra Leonardo Sciascia e Carlo Alberto dalla Chiesa, svoltisi nelle due audizioni che il generale tenne, agli inizi degli anni ottanta, dinanzi alla prima Commissione parlamentare d’inchiesta sull’assassinio di Aldo Moro e degli uomini della sua scorta.
La seduta dell’8 luglio 1980 in cui, volendo parlare a “braccio”, dalla Chiesa avrebbe “commesso qualche piccola imprecisione” (così disse il suo principale collaboratore alla Commissione stragi il 21 gennaio 1998). Benché contenuto in un resoconto stenografico regolarmente pubblicato (VIII legislatura, Documento 23, n. 5 – volume IV, pp. 243-366), quello scambio consente di cogliere come il generale fosse molto stimolato dalle domande dirette del suo interlocutore: in risposta alle domanda sulle modalità con cui aveva sollecitato la collaborazione di Fioroni, compie una digressione sulla tecnica investigativa che aveva seguito sin da quando aveva retto la tenenza di Corleone (e lo si potrebbe leggere come un non casuale omaggio all’autore del Giorno della civetta). Incalzato sulle circostanze dell’arresto di Peci reagisce con una divertita alterazione del registro timbrico sino ad allora seguito.
Ben più famosa, la seduta del 23 febbraio 1982, quella in cui il generale dalla Chiesa sceglie di replicare a Sciascia con le profetiche parole: “Mi chiedo oggi – perché sono fuori dalla mischia da un po’ di tempo e faccio in qualche modo l’osservatore con un po’ di esperienza alle spalle – dove sono le borse? Dove è la prima copia del memoriale (perché noi abbiamo trovato la battitura soltanto)? L’unica copia che è stata trovata dei documenti Moro non è la prima battuta! Questo è il mio dubbio. Tra decine di covi scoperti non c’è stata una traccia di qualcosa che possa aver ripetuto la battitura di quella famosa raccolta di documenti che si riferivano all’interrogatorio… Non c’è stato nulla che potesse condurre alle borse di Moro. Non c’è stato un brigatista pentito o dissociato che abbia nominato una cosa di quel tipo, né lamentato la sparizione di qualcosa, come è accaduto al processo di Torino, dove stava per succedere l’iradiddio per un solo documento mancante (…). Semmai un documento importante o cose importanti come queste fossero stati scoperti e sottratti, penso che un qualsiasi brigatista lo avrebbe raccontato”.
Anche di questo stenografico la Commissione Moro aveva già dato la stampa: ma – grazie alla decisione del presidente Marilotti di applicare ai supporti magnetici la declassificazione disposta dalla Presidenza del Senato per tutti i verbatim di seduta, versati dalla Commissione all’Archivio storico del Senato – nelle pieghe del nastro magnetico ci è dato di rinvenire due piccole ma significative discrasie: l’esempio fatto, del documento la cui sparizione era stata contestata dai brigatisti al processo di Torino, atteneva al materiale rinvenuto a Robbiano di Mediglia (sulla cui difficoltà di reperimento ci si soffermerà, in Commissione stragi, solo molti anni dopo). Sui documenti di via Montenevoso, poi, alla domanda di Leonardo Sciascia: “Lei pensa che siano in qualche covo?”. Dalla Chiesa risponde: “Io penso che ci sia qualcuno che possa aver recepito tutto questo” (come da Documento XXIII, n. 5 – Volume IX, p. 233), ma, a un migliore ascolto, dichiara di ritenere che “qualcosa o qualcuno possa aver ricevuto effettivamente quello di Moro”.