Una nuova edizione per i tre primi romanzi di Francesco Biamonti

Fra l’azzurro più freddo del mare e quello più rovente del cielo

di Claudio Panella

Si torna a parlare di Francesco Biamonti (1928-2001) e ciò non può che rallegrare chi lo abbia letto o conosciuto e senta ancora tutta la dolorosa attualità della sua voce. Dopo la nuova edizione del suo ultimo romanzo, Le parole la notte (Einaudi, 1998), ripubblicato nel 2014 con un’Introduzione di Giorgio Ficara, s’iniziava a temere che i precedenti rimanessero disponibili esclusivamente in versione ebook. Invece, la casa editrice Einaudi – il solo editore avuto in vita dallo scrittore ligure – ha finalmente riproposto in un unico volume della collana “Letture” le sue tre prime opere, L’angelo di Avrigue (1983), Vento largo (1991) e Attesa sul mare (1994), che mancavano di una ristampa dal 2007-2008.

È quindi davvero un piacere trovare in libreria questo trittico di romanzi, nella cui copertina il cognome “Biamonti” campeggia sopra i tre titoli in giallo immersi in un turchese invitante e appena meno cupo di quell’“eccesso di azzurro” che incombe oltre le fasce di limoni in una pagina di Avrigue. Si tratta di una scelta cromatica che rinvia inequivocabilmente alla tavolozza poetica di Mallarmé e Valéry, molto amati dallo scrittore nato e vissuto sul confine italo-francese, a San Biagio della Cima (IM), e ai “due azzurri che si rispondono: l’azzurro più freddo del mare e quello più rovente del cielo”, per riportare le parole scelte da Biamonti in un suo intervento del 2000 sul paesaggio ligure. Il mare in questione è naturalmente il Mediterraneo, l’“azzurra distesa in cui l’Europa sconfina, si marginalizza, pur restandone il suo cuore antico”, come egli scriveva in un suo altro articolo del 1991, aggiungendo profeticamente: “Credo che su questo mare, il continente non potrà non mettere alla prova la sua valentia”. La quadrilogia che lo scrittore – tardivo esordiente a cinquantacinque anni – riuscì a vedere pubblicata era in qualche modo costruita proprio sugli elementi fondamentali del Mediterraneo che, seguendo la lezione del filosofo francese Bachelard, Biamonti seppe cogliere dal suo particolare osservatorio sospeso sulla frontiera tra Liguria e Francia e che sembrano di volta in volta prevalenti in ciascun testo: la mineralità di quelle terre ponentine nell’Angelo di Avrigue, dove anche il mare appare “irrigidito, duro campo d’arenaria”; l’aria in Vento largo, che Pietro Citati ha definito “un libro fragile” leggendo il quale “abbiamo l’impressione che se tocchiamo appena la carta, tutte le parole e le sensazioni che abbiamo incontrato andranno in cenere, brillando un attimo, l’ultima volta”; l’acqua in Attesa sul mare il cui protagonista s’imbarca da Tolone per portare un carico di armi nella Bosnia in piena guerra civile, segno dell’agonia dell’Europa; la luce, che è il fondamento delle cose stesse, in Le parole la notte. Il successivo frammento di romanzo inconcluso lasciatoci da Biamonti, ed edito postumo sempre da Einaudi, è titolato non casualmente Il silenzio (2003).

Romanziere impregnato di un lirismo sui generis e dell’eredità delle maggiori tradizioni poetiche dell’Otto-Novecento, da quella provenzale alla simbolista e alla ligustica passando per la surrealista e l’ermetica, Biamonti ha portato avanti di pagina in pagina anche una ricerca peculiare sulla musicalità delle proprie prose. Lui stesso confessava d’ascoltare, quando scriveva, musiche di autori quali Debussy (La mer, fatalmente) e Messiaen (il Quatuor pour la fin du Temps) o il Requiem di Mozart sia “per sollevare l’animo e muoverlo verso la poesia profonda della vita” (così in un’intervista del 1995) sia per lasciarsi ispirare da modelli e strutture compositive. Affermando poi in una confidenza del 1997 a Giovanni Turra: “Uno scrittore si riconosce subito dalla musica che ottiene dalla lingua”. Forse per questo ha affascinato diversi musicisti come il chitarrista Giorgio Mirto, autore di un Trittico sul nome di Francesco Biamonti (les Productions d’Oz 2000 inc., 2019), pensato nel corso di una residenza creativa organizzata nel Ponente ligure dal Centro di Cooperazione Culturale e dall’associazione “Amici di Francesco Biamonti”, o come Mauro Montalbetti che dapprima ha firmato un dramma musicale sulle migrazioni nel Mediterraneo intitolato significativamente Haye. Le parole la notte (2017) – con libretto di Alessandro Leogrande – e poi lo ha omaggiato esplicitamente nel brano per violino solo Vento largo (2019) eseguito da Piercarlo Sacco.

Tant’è che l’Einaudi ha affidato la prefazione di quest’ultima riedizione dei tre romanzi al musicista e direttore d’orchestra Carlo Boccadoro, lui pure un autore einaudiano da molti anni. Difatti, una copia del suo Musica Coelestis. Conversazioni con undici grandi della musica d’oggi (Einaudi, 1999) è tuttora conservata nella biblioteca personale di Biamonti. Ma nel proprio testo introduttivo Boccadoro non indulge in autobiografismi e non rivela se ha conosciuto di persona lo scrittore di San Biagio, misurandosi con una lettura critica dell’opera biamontiana che propone accostamenti musicali persino arditi con la figura di Maurice Ravel, l’estetica di Morton Feldman e il lirismo essenziale dello Schubert di Der Leiermann. Boccadoro coglie poi, giustamente, la funzione memoriale che numerose evocazioni musicali (a partire da quelle, ricorrenti, provenzali e tradizionali) hanno nei romanzi dell’autore e paragona la sua poetica del “non detto” al ruolo che il silenzio ha in certe partiture di Arvo Pärt, John Cage o Luigi Nono.

Anche Matteo Grassano, autore di una tesi di dottorato da cui è nata la più corposa monografia critica consacrata a Biamonti, Il territorio dell’esistenza (Franco Angeli, 2019), ha dedicato una parte importante del suo studio all’originale “fenomenologia del silenzio” concepita dallo scrittore ligure in seguito a lunghe riflessioni stimolate tanto dal paesaggio quanto dalle letture di Bergson, Husserl e Merleau-Ponty (oltre che di Sartre e Camus e di tutto l’esistenzialismo francese). Per comprendere appieno l’opera di colui che Maurizio Maggiani definisce “grande pensatore” e “di carattere cogitabondo” in un suo ricordo recente apparso su “la Repubblica” (24 dicembre 2020), è senz’altro necessario fare il punto sulle ricerche già compiute e divulgarle, ponendo così le condizioni per approfondire ulteriormente aspetti non del tutto noti a chi conosce Biamonti solo come romanziere. Benché nel Biamonti narratore si trovino certamente prove continue del suo essere un “pensatore”, per comprendere meglio la fitta trama di citazioni (esplicite e non) e intertesti che contraddistinguono le sue prose bisognerebbe innanzitutto riportare in libreria anche il fondamentale Scritti e parlati (Einaudi, 2008), raccolta di articoli e conferenze da tempo fuori catalogo e introvabile nell’usato, una cui riedizione potrebbe essere arricchita da nuovi recuperi. Quando la curarono Gian Luca Picconi e Federica Cappelletti (la compagna di Biamonti, purtroppo scomparsa nella primavera 2020 per complicazioni legate al covid), non si conoscevano infatti documenti nel frattempo riemersi dagli archivi: come per esempio il frammento di romanzo inedito ambientato all’epoca della guerra d’Algeria o la conferenza sulla poesia ligure tenuta a Ospedaletti nel 1976, presentati rispettivamente da Matteo Navone e da Simona Morando sull’ultimo numero del 2014 della rivista “Resine”; ma ve ne sono alcuni altri riediti nel frattempo o che ancora riposano nella casa-studio di San Biagio. A Morando si deve anche la cura de Il romanzo di Gregorio (il Canneto, 2015), volume che include testi e materiali poi rielaborati nell’Angelo di Avrigue e in particolare le varianti di una sorta di antefatto di quell’esordio, leggibile come un romanzo a sé e di grande interesse.

È dunque nello spirito di favorire nuove indagini e riletture di tutto quanto Biamonti ci ha lasciato che gli “Amici di Francesco Biamonti” hanno deciso di organizzare, con il sostegno di diversi ricercatori e atenei, un convegno dal titolo Le carte, le voci, gli incontri. Le due giornate di studio si terranno auspicabilmente a metà del prossimo ottobre tra San Biagio della Cima e Ventimiglia e saranno seguite dalla pubblicazione degli atti. Gli organizzatori hanno già diramato l’invito a contribuirvi con comunicazioni che evidenzino i rapporti tra le opere di Biamonti e quelle di figure a lui care: poeti, romanzieri, filosofi, artisti, critici. Chiunque sia interessato a parteciparvi troverà facilmente in rete l’annuncio del convegno e potrà inviare entro il 15 marzo una sua proposta di intervento, di massimo cinquecento parole, all’indirizzo seguente: convegno.biamonti2021@gmail.com.

Anche prima di quest’appuntamento autunnale, programmato a ridosso della ricorrenza del ventesimo anniversario della morte dello scrittore ligure, nel paese natale di San Biagio meritano una sosta le varie tappe del Parco Biamonti (www.parcobiamonti.it). Realizzati nel 2016, i percorsi sono sempre visitabili in piena autonomia e sicurezza grazie al sistema segnaletico interattivo posizionato in luoghi del borgo e delle campagne circostanti selezionati tra quelli più significativi nella vita o nei testi dell’autore.

claudio.panella@unito.it

C. Panella è dottore di ricerca in letterature comparate all’Università di Torino