Lettera aperta sull’assenza di “vere” scrittrici (o di veri editori?)
Il tweet di un grande editore nazionale-uomo di qualche giorno fa ha creato sconcerto nel mondo dei lettori e degli autori: non esistono “vere” romanziere donne dopo Elsa Morante e Natalia Ginzburg. Davanti alle proteste non solo legittime ma anche indignate di molte (possibili) autrici, l’editore ha perseverato nella negazione: sì ci sono delle scrittrici, ma “grandi” quanto Morante e Ginzburg? È chiaro, e da molti è stato capito esattamente in questo modo, che la seconda domanda annichiliva le scrittrici che si erano esposte, rendeva trasparenti e dunque inesistenti le decine di nomi proposti.
Francamente non si capisce il motivo né l’urgenza di questo dibattito costruito sul nulla (salvo notare la stridente vicinanza del tweet al giorno dedicato alla lotta contro la violenza sulle donne), per di più usando il trucco, un po’ sadico, dell’asticella: creare una finta gara e ogni volta spostare l’asticella più in alto per far cadere i concorrenti.
L’editore si è scusato il giorno dopo, ma il danno è fatto. L’idea che in Italia, dopo Morante e Ginzburg, non ci siano vere scrittrici è circolata nella rete, si è infilata sottopelle nel dibattito che ne è seguito, lasciando il dubbio che le scrittrici, oggi, siano solo una simpatica classe di irrimediabili rimandate, condannate a non superare mai l’esame (tema: Perché non potrò mai essere come Elsa Morante?). I social sono così, lo sappiamo. Hanno effetti prolungati nel tempo, soprattutto quando vengono usati, in maniera consapevole e ripetuta, a scopo denigratorio. Non so se l’editore abbia capito quanto sia pernicioso il meccanismo mediatico che ha messo in moto, né se le persone che hanno cercato di controbattere abbiano realizzato di essere cadute in una trappola senza uscita.
Sappiamo benissimo, invece, come rivista che si occupa da decenni di libri e di romanzi senza distinzione di genere, che anche in Italia le donne “romanziere” sono una presenza stabile, se non maggioritaria, nel panorama letterario, che scrivono tanti libri, belli, meno belli e bellissimi, e che hanno il diritto di lavorare senza l’incubo del mito (ahimè maschilissimo) della Grande Scrittrice Madre che alla fine della corsa le annichilisce tutte.
Per questo, come abbiamo sempre fatto, rifiutiamo la gara (e in genere le gare, le eliminazioni, i voti), il contesto (l’account Twitter, la paginetta Facebook) e il giudice. Rifiutiamo, in altre parole, di cadere in un gioco che annulla la pluralità e la diversità delle autrici attraverso una strumentale monumentalizzazione delle grandi autrici del passato. Il finto dibattito, anzi, va sabotato da subito, rovesciando la domanda contro chi l’ha posta per primo. Dunque, chiediamo a nostra volta: ci sono veri scrittori uomini, grandi almeno come Gadda, Pavese, Calvino, Sciascia, Volponi ecc. (per rimanere agli autori da antologia)?
E dove sono i grandi editori che hanno ricostruito la cultura italiana nel dopoguerra con veri progetti editoriali? Ci sono editori, certo, ma grandi come Giulio Einaudi, Livio Garzanti, Valentino Bompiani e Vito Laterza? Se qualcuno trova un catalogo vagamente comparabile con quello dei tempi d’oro, ce lo mandi (e domani ci scuseremo su Twitter o Facebook).