In un pomeriggio d’aprile di cinque anni fa, intorno al tavolo della sala riunioni del cav. Giovanni Pomarico, presidente del gruppo Megamark (leader della distribuzione nel sud Italia con più di 6000 collaboratori e più di 500 supermercati con insegna A&O, dok, Famila e Sole365), prende corpo l’idea, nata dal confronto tra la Fondazione Megamark e l’associazione I dialoghi di Trani, di fondare un concorso letterario per opere prime, riservato ad autori che abbiano da poco pubblicato il loro romanzo d’esordio nella narrativa italiana. Nasce così il Premio Letterario Fondazione Megamark – Incontri di Dialoghi, con sede a Trani. Fin da subito, l’obiettivo degli organizzatori è molto chiaro: far diventare la Puglia protagonista di un appuntamento nazionale di promozione della lettura che contribuisca ad aprire strade per gli esordienti e si proponga al tempo stesso come un invito a riscoprire il piacere della lettura. Si decide così di creare una doppia giuria: una giuria di esperti – composta da professionisti della comunicazione, docenti universitari, scrittori, critici letterari – che vagli le opere candidate e selezioni la cinquina dei finalisti, e una popolare – composta da quaranta lettori – che valuti i cinque romanzi finalisti e, con il proprio voto, decreti il vincitore, che riceve un assegno di 5.000 euro, mentre agli altri finalisti va un premio di 2.000 ciascuno.
Nel 2016 vince la prima edizione Maria di Isili (Giunti) di Cristian Mannu, che entra a far parte della giuria degli esperti per le edizioni successive. Nel 2017 viene premiata Carmela Scotti con L’imperfetta (Garzanti), e nel 2018 vince ancora una donna, Emanuela Canepa, autrice di L’animale femmina (Einaudi), con Voragine di Andrea Esposito (Il Saggiatore) che riceve il premio della critica, richiesto a gran voce dalla giuria degli esperti. Nell’estate del 2019, arriva la vittoria di Eleonora Marangoni, con il romanzo Lux (Neri Pozza).
Finalisti dell’edizione in corso, la quinta, sono Daniele Vicari con Emanuele nella battaglia (Einaudi), Veronica Galletta con Le isole di Norman (Italo Svevo), Gennaro Serio con Notturno di Gibilterra (L’orma), Graziano Graziani con Taccuino delle piccole occupazioni (Tunué) e Davide Ruffini con Tutti assenti (Mesogea Culture Mediterranee). La cerimonia di premiazione si svolgerà a Trani venerdì 25 settembre.
Intervista a Maria Teresa Carbone, presidente della giuria degli esperti del Premio Fondazione Megamark – I Dialoghi di Trani dal 2019. L’intervista è a cura di Chiara D’Ippolito.
Il premio Megamark è arrivato alla quinta edizione – per lei la seconda come presidente della giuria tecnica – con ben 63 opere prime proposte da 40 case editrici. Dunque un bel punto di osservazione sulla narrativa italiana esordiente… qual è il suo stato di salute?
Nel complesso, ottimo – quasi troppo, sarei tentata di dire, dopo avere letto più di sessanta romanzi nell’arco di poche settimane. È una battuta naturalmente: di fronte alla quantità di buoni libri che hanno partecipato in questi anni al premio non possiamo che rallegrarci. Anche nel 2020, nonostante le grandi difficoltà legate alla pandemia, i titoli sottoposti alla giuria tecnica del Megamark sono stati numerosi, di poco inferiori per numero a quelli inviati nel 2019, grazie alla passione e al dinamismo della segreteria organizzativa, che ha continuato a lavorare senza arrendersi neanche per un minuto al lockdown. E non è soltanto questione di cifre: la maggior parte dei testi che abbiamo letto rivela una maturità notevole. Gli esordienti italiani non solo dimostrano nella maggior parte dei casi di saper scrivere, ma sembrano consapevoli e informati del contesto culturale in cui si muovono o si muoveranno. Mi chiedo se questa lucidità non sia anche effetto del grande lavoro svolto ormai da diversi anni dal Premio Calvino, non a caso un punto di riferimento per molti tra gli autori e le autrici presenti al Megamark.
In questo foltissimo gruppo di romanzi è possibile individuare dei temi narrativi prevalenti?
Più che di temi narrativi prevalenti, parlerei di famiglie di libri: romanzi di matrice autobiografica (autofiction e non solo) in cui il/la protagonista, a volte anche io narrante, ha molti tratti in comune con la persona che ha messo il nome in copertina; testi più o meno riconducibili a generi codificati come il giallo, il noir, anche il rosa, sia pure di nuova generazione; opere ambientate in un passato recente, grossomodo l’arco del Novecento (soprattutto guerra e dopoguerra, ma anche gli ultimi decenni del ventesimo secolo). Un tratto ricorrente merita tuttavia di essere segnalato: pochi romanzi, tra quelli che abbiamo letto, hanno come sfondo una grande città – tutt’al più periferie e soprattutto molta provincia, cittadine, paesotti, paesini, un’Italia forse poco rappresentata sui media e che qui riprende la scena. Se poi la connotazione geografica sia una scelta narrativa autonoma o se invece ci sia un incoraggiamento delle case editrici che sperano così di intercettare un pubblico ben definito e raggiungibile, non saprei dire.
Per quanto riguarda le scritture e la lingua, invece, che cosa ha osservato la giuria?
Nella maggior parte dei casi non mi pare che ci siamo trovati di fronte a sperimentazioni linguistiche o a scritture innovative. L’italiano che prevale nei testi inviati al Megamark è un italiano piano se non piatto, quel tipo di lingua che si definisce scorrevole perché non comporta sforzi per chi legge. Comunque le eccezioni ci sono e non sono poche: abbiamo letto testi di autori che puntano su una riproduzione non semplicemente mimetica della lingua parlata, che impastano l’italiano con il dialetto oppure che puntano su una cifra iperletteraria. Non sempre i risultati sono entusiasmanti, ma rinfranca comunque il desiderio, se non di sperimentare, di evitare la strada più facile.
Daniele Vicari, Veronica Galletta, Gennaro Serio, Graziano Graziani e Davide Ruffini. Perché proprio i loro libri?
Mah, potrei cavarmela rispondendo che questi libri sono arrivati nella cinquina perché sono i migliori, e non andrei lontana dal vero. D’altra parte è evidente che, come in qualsiasi giuria, il risultato finale è frutto di una convergenza negoziata. Devo però aggiungere che con gli altri giurati (Annamaria Ferretti, Giancarlo Fiume, Pasquale Guaragnella, Oscar Iarussi, Cristian Mannu) non ci sono stati contrasti forti e che ci siamo trovati rapidamente d’accordo su questa rosa. Tra l’altro, proprio perché sono felicemente eterogenei, i cinque titoli in finale corrispondono molto bene allo spirito del premio Megamark, osservatorio attivo e, direi, sempre più autorevole della nuova narrativa italiana. Ora la parola passa alla giuria popolare e confesso che non vedo l’ora di scoprire, il 25 settembre, il nome del vincitore!
Su cinque libri finalisti, quattro arrivano da case editrici indipendenti (senza considerare il libro che ha vinto la menzione speciale). Vuol dire che le piccole case editrici fanno più ricerca, sono più brave a scovare bravi esordienti?
Non ne farei una regola assoluta. Diciamo che in generale le grandi case editrici hanno obiettivi di vendita sostanziosi e quindi di solito preferiscono scommettere su esordienti che per un motivo o per l’altro garantiscono o dovrebbero garantire risultati adeguati. Per questo, paradossalmente, gli editori indipendenti hanno un margine di libertà maggiore e possono investire su scritture più particolari, più eccentriche. Detto questo, osservando i nomi dei finalisti nelle prime edizioni del Megamark, vedo che ci sono state case editrici grandi, medie, piccole e piccolissime. Insomma, anche in questo ambito mi pare saggio evitare stereotipi e generalizzazioni.
La giuria tecnica ha deciso di assegnare una menzione speciale a Io sono la bestia di Andrea Donaera (NN). Perché?
In Io sono la bestia Donaera, che ha esordito come poeta prima che narratore, ha inserito un extratesto in versi, una raccolta di poesie non leggibili nel volume, ma rintracciabili in rete grazie a un link. È un tentativo di forzare i limiti della forma-romanzo secondo una modalità nuova, che abbiamo trovato interessante e che abbiamo deciso di mettere in risalto con la menzione speciale, al di fuori quindi dei meccanismi delle due fasi di votazioni. L’idea di fondo è che un premio come il Megamark, il cui compito è selezionare scrittrici e scrittori interessanti al loro primo libro, possa anche essere di aiuto ai lettori nella scoperta di territori letterari meno battuti. È una bella responsabilità, speriamo di essere all’altezza.