Il sublime sta sullo scaffale della scienza
di Danilo Zagaria
Francesco Guglieri
Leggere la terra e il cielo. Letteratura scientifica per non scienziati
pp. 172, € 17
Laterza, Roma-Bari, 2020
In molte librerie, lo scaffale che ospita i volumi scientifici non è facile da trovare. È nascosto, o poco accessibile, non di rado offuscato da colonne di libri considerati più accessibili (e quindi più richiesti). Che la scienza sia un argomento ostico, o meno coinvolgente di altri, è un retaggio ancora presente e difficile da eliminare. Incredibile a dirsi, ma ci sono i dati di vendita ad attestarlo. Per molti la scienza è “quella cosa là”, per appassionati o cervelloni. Un bel romanzo, almeno per una buona fetta di lettori, ha ben pochi concorrenti. Se poi si tratta di un giallo, allora la partita è persa in partenza. Francesco Guglieri è andato oltre la colonna di best seller, ha superato gli scaffali ingombri della letteratura di ogni tempo, e si è immerso in un altro mondo. Lui, che è un letterato di formazione (come racconta nella sentita e intima introduzione al suo Leggere la terra e il cielo. Letteratura scientifica per non scienziati), ha trovato linfa vitale in testi che illustrano le ultime scoperte della fisica, che esplorano i regni del vivente e che denunciano le insidie dell’Antropocene. E a un certo punto ha deciso di scriverne, per dimostrare che oltre all’utilità pratica, l’atto del leggere di scienza porta anche piacere personale e sazia la curiosità di sapere.
Che un uomo di lettere si occupi di scienza con entusiasmo non è affatto cosa nuova. Senza scomodare i pensatori della classicità e i geni del rinascimento, il solo Novecento è ricco di autori che scrivevano romanzi essendo scienziati o erano scrittori con il pallino delle scienze. Ogni elenco che ne riporta i nomi suggerisce una sola conclusione: le barriere che separano i saperi sono arbitrarie e poco possono di fronte a una mente aperta e curiosa, vogliosa di nuovi mondi in cui ficcare il naso. Come scrive lo stesso Guglieri, «i libri di scienza ci obbligano a pensare la complessità». Potrebbero essere esistiti un Calvino o un Primo Levi disinteressati allo scaffale scientifico di una libreria?
In Leggere la terra e il cielo Guglieri prende per mano il lettore – in particolare quello «non scienziato», come suggerisce il sottotitolo – e lo accompagna alla scoperta dei più grandi libri di scienza degli ultimi quarant’anni. Buchi neri e tempo, geni e fossili, crisi ecologica ed estinzioni; Rovelli accanto a Hawking, Gould insieme a Dawking, e in chiusura il terzetto che dipinge le tinte fosche del mondo contemporaneo: Quammen, Kolbert e Ghosh. Una lettura che è anche un viaggio, pressoché impossibile da ripercorrere in queste poche righe.
Dunque, stando a quanto si diceva all’inizio, quello di Guglieri è un libro che parla di libri poco letti? Sì. È così. Ma come in tutti i volumi riusciti, c’è qualcosa in più, un intento neppure troppo velato. Espressioni come «meraviglioso scientifico» e termini come stupore e sublime associati allo scaffale nascosto della scienza suggeriscono che questi libri non contengano soltanto geni e corpi celesti, stringhe e specie estinte, ma che raccontino soprattutto la ricerca di un senso, una ricerca riguardante le domande ultime e il nostro appassionato tentativo di trovare risposte. Che il carburante del fare scientifico è soprattutto l’incanto. Altrimenti nessuno vorrebbe indagare i segreti di una pianta o di una stella. Altrimenti Coleridge non avrebbe mai frequentato i corsi di chimica alla ricerca di nuove metafore.