Teatro naturale delle cose irreali
di Claudia Tedeschi
Ermanno Cavazzoni
STORIE VERE E VERISSIME
pp. 221, € 18,
La nave di Teseo, Milano 2019
Simile ai quadri cinematografici dei lungometraggi a puntate di Dino Risi; freddure che fanno ridere e piangere come un film di Charlot; gag di quel cinema muto che è lo “specchio più fedele dell’umanità”; pezzi unici di collezionismo pescati qua e là dalla quotidianità o dalla storia: si presenta così Storie vere e verissime, raccolta di prose di Ermanno Cavazzoni edita da Nave di Teseo, che a trent’anni di distanza ha inoltre riportato in stampa Il poema dei lunatici, suo felliniano romanzo d’esordio (pp.390, €17, 2020). Questi caleidoscopici appunti strappati alla propria vita e alle vite degli altri sintetizzano un mondo buffo e paradossale, profondamente umano e imperfetto. Dalla morte dei grandi dittatori alle vite dimenticate dei pittori del Po, dal paradiso testosteronico dei mussulmani a un’ideale civiltà di scarafaggi, dalla dissacrazione del mondo letterario alle ipotesi sugli alieni; cosi via, oggetti eterogenei volteggiano in questo cosmo delle cose minime, in questa vecchia comica che è il nostro transitare sulla terra. Filtrate da una lente deformante e grottesca che dà nuova e più vera, verissima forma, alla geografia umana, queste operette a-morali la affrontano nondimeno con rigore filosofico, si configuri essa come una banale gita in barca, una riflessione sul comunismo o le ultime parole di Gogol’: “bisogna essere molto seri nel comico”. L’intento non è infatti ammiccare a una risata; piuttosto, presentare la realtà così com’è, per poi estremizzarla, sbugiardarla, sconsacrarla, ma senza giudizi velleitari. Attraverso sillogismi irreali retti da un eccesso di letteralizzazione e capitomboli di significato, il lettore vede dispiegarsi una realtà oltre la realtà, un teatro o “cinema naturale” spinti al limite del senso, sorta di fuga in un ailleur alieno dalle problematiche campeggiate: guerre, fallimenti ideologici, ipertecnologia, consumismo. “Bisognerebbe vedere su altri pianeti come l’hanno risolta” ironizza l’autore, che tuttavia dimostra una profonda “pietà per le cose che hanno avuto un senso, sono servite, e alla fine dovrebbero essere miseramente buttate via, pattume inutile. Allora il raccoglitore le salva, anche se non valgono niente, anzi proprio per questo, le cose che valgono c’è già chi le salva”. Il raccoglitore Cavazzoni ci lascia queste cose monche, prossime alla discarica e spera diventino “un museo dell’indeterminato, un archivio di tutto il dismesso”.
tedeschiclaudia@virgilio.it
C. Tedeschi è italianista