intervista di Ettore Ventura
Per il ciclo d’interviste agli editori indipendenti, oggi L’Indice fa quattro chiacchiere con Armando Dadò.
Tutto nasce dalla Tipografia Stazione, che ha fondato dopo il tirocinio come tipografo. Come è avvenuto il passaggio a casa editrice e come si è sviluppata l’idea di fare l’editore? Che rapporto hanno mantenuto le due attività?
Nell’estate del 1961, dopo un burrascoso tirocinio presso una ditta locarnese, fondai la Tipografia Stazione SA, che nei primi anni si occupava di stampati commerciali. Ben presto però mi accorsi che stampare biglietti da visita e carta da lettera poteva essere economicamente interessante ma intellettualmente poco stimolante. Per una serie di coincidenze mi trovai ad avere la possibilità di stampare un libro di Giovanni Bianconi, Artigianati scomparsi; questo primo libro, uscito nel 1965, mi regalò una grande emozione che mi diede il coraggio di intraprendere la strada dell’editore. Strada per nulla scontata per me, che uscivo da una formazione prettamente tecnica, senza competenze letterarie e culturali. Queste arrivarono in seguito, grazie alle numerose amicizie nate con gli autori che decidevano di rivolgersi a noi per i loro libri.
Dal 1965 sono passati molti decenni, e i titoli in catalogo hanno superato il migliaio. La Tipografia Stazione SA continua ad essere un’azienda autonoma, che si occupa ancora di stampati commerciali, accanto alle pubblicazione della Armando Dadò editore SA. Naturalmente il legame tra le due società è molto stretto, trovandosi entrambe sotto lo stesso tetto.
I volumi pubblicati da Armando Dadò sono, per la maggior parte, legati alla realtà regionale ticinese. Quali sono i titoli che stuzzicano di più la curiosità del pubblico?
Il catalogo è fortemente legato al territorio. Trovarsi ad operare in una realtà culturale e politica ben delimitata – un cantone svizzero di lingua italiana, che guarda culturalmente all’Italia ma che gode forse di scarsa attenzione da parte del resto del mondo italofono – obbliga a fare scelte ben precise, come quella di concentrarsi su autori e tematiche locali, consci della difficoltà, se non impossibilità, di entrare “in concorrenza” con gli editori italiani.
Il nostro pubblico è quindi prevalentemente locale, anche se negli ultimi anni, grazie a una migliore distribuzione in Italia, riusciamo a far passare il confine a molti libri. Le pubblicazioni che suscitano il maggior interesse sono quelle legate al territorio, libri illustrati che trattano temi etnografici, storici o naturalistici. L’attaccamento alla nostra regione e alla sua storia è molto forte, e non smette di appassionare i lettori.
Grande interesse suscitano sempre anche i romanzi pubblicati nella collana La Betulla, frutto dell’opera di autori ticinesi oppure svizzeri di lingua italiana residenti in altri cantoni. Per gli autori locali è spesso difficile farsi strada nel mondo editoriale italiano, e trovano da noi attenzione e professionalità. Alcuni di essi, con una pubblicazione alle spalle, riescono poi a raggiungere un pubblico più ampio e “sconfinare” in Italia.
Oltre che al Ticino, guardate anche al resto della Svizzera. Svolgete più traduzioni dal tedesco o dal francese? Quale dei due cantoni ha un patrimonio letterario più ricco secondo voi?
La collana “I Cristalli” è nata nel 1988 in occasione del 150° anniversario della costituzione dello Stato federale. In essa trovano posto opere considerate classiche della letteratura svizzera, accanto a narrativa più attuale e a qualche riflessione sulla realtà elvetica. Sulla soglia dei settanta titoli, la collana rappresenta una sorta di “spina dorsale” della cultura elvetica tradotta in italiano. Si spazia da Hermann Hesse a Anne Cuneo, da Denis De Rougemont a Friedrich Dürrenmatt, da Henri-Frédéric Amiel a Jeremias Gotthelf.
Le aree linguistiche romanda e tedesca sono presenti in ugual misura, anche grazie ai nostri traduttori di fiducia che ci sottopongono sempre proposte interessanti. La riflessione sull’elveticità è comune a molti autori delle due aree linguistiche, e siamo sempre attenti a selezionare opere che raccontino qualcosa su di noi, che aiutino a comprendere chi siamo, o siamo stati.
La collana I Classici è molto particolare: ci sono Manzoni, Voltaire, Erasmo, ma anche i Vangeli. Quale idea c’è alla base di questa collana e come avete messo insieme una simile raccolta?
La collana nacque da una collaborazione con Carlo Carena, che ha selezionato i testi per un’iniziativa privata legata a un finanziere ticinese, testi che sono poi confluiti in questa collana dalla grafica essenziale. Carena, grazie a una raffinatissima cultura, trovava i testi più fondanti della nostra cultura, e ne affidava la cura agli studiosi più preparati. La collana è ormai chiusa da quasi vent’anni, ma i suoi testi continuano a rappresentare un fiore all’occhiello del nostro catalogo, grazie alla cura e alla dedizione che tanti intellettuali vi hanno infuso.
Dall’incontro con i fratelli Bianconi, Giovanni e Piero, la casa editrice ha affermato il suo intendimento culturale. I loro volumi possono essere ritenuti i classici della casa editrice?
Le opere di Giovanni e Piero Bianconi, accanto a quelle di Plinio Martini, sono una parte fondamentale del nostro catalogo. Principalmente perché sono le opere di grandi autori, consiglieri fedeli e soprattutto amici. L’influenza che costoro hanno avuto sulla mia professione e oso dire sulla mia vita sarebbe sufficiente a rendere i loro libri preziosi ai miei occhi. Ma al di là degli affetti personali, i loro libri sono uno specchio della realtà ticinese e insieme universale, e la loro lettura è sempre attuale e arricchente.
Quante proposte di pubblicazione ricevete e con quali criteri scegliete le opere da pubblicare?
Riceviamo decine di manoscritti al mese, dalla Svizzera italiana e dall’Italia. I nostri criteri sono relativamente semplici: ci occupiamo di narrativa elvetica, sia per quanto riguarda le opere in lingua originale sia per le traduzioni. Come detto prima, non ha senso confrontarci con il panorama editoriale italiano senza avere un’identità precisa. Quella di casa editrice svizzero italiana che vuole promuovere e diffondere la cultura svizzera di lingua italiana è da sempre la nostra, e ci permette di affacciarci al mercato italiano con un preciso posizionamento.
Come sono nate le quattro riviste che pubblicate: La Rivista del Locarnese e Valli, Il Mendrisotto, La Turrita e Il Ceresio?
Le due riviste più longeve, La Rivista del Locarnese e delle Valli, Il Mendrisotto, fondate entrambe negli anni novanta, nascono dalle ceneri di due pubblicazioni regionali già presenti. La Turrita e Il Ceresio sono invece frutto del desiderio di innovarsi degli ultimi anni, ampliando il pubblico . I quattro periodici sono la testimonianza della vivacità sociale e culturale della Svizzera italiana, e sono molto amati dai lettori, che vi ritrovano notizie minute, spesso trascurate dai principali media ma che permettono di rimanere al corrente degli eventi locali, cosa molto importante anche per i tanti ticinesi che vivono negli altri cantoni svizzeri o all’estero.
Armando Dadò editore si può considerare come una delle principali case editrici svizzere di lingua italiana, che più contribuiscono alla conoscenza del loro paese. Quali sono, a questo punto, gli obiettivi futuri? Quali novità?
Diciamo che l’obiettivo principale è quello di continuare sulla linea già tracciata, che ci ha dato e ci dà tutt’oggi molte soddisfazioni. Fra i progetti più recenti possiamo citare la nascita di una nuova collana, Le Sfide della Svizzera, che in pochi anni ha portato avanti una riflessione accademica ma non solo sull’attualità politica, sociale ed economica elvetica. Un progetto che vedrà la luce a breve è una nuova collana di traduzioni che vuole concentrarsi maggiormente sulle voci contemporanee che permetterà di allargare il ventaglio delle proposte affiancandosi in modo complementare alla collana dei Cristalli, mantenendo ben saldo il principio irrinunciabile della qualità.