Ma la letteratura canadese esiste davvero?
di Carmen Concilio
La letteratura canadese è sempre stata in cerca di una propria identità distintiva, diversa da quella europea e da quella statunitense. Molti scrittori importanti si sono spesso interrogati su questo: Margaret Atwood nel 1972 scriveva autorevolmente: “Ho iniziato a leggere letteratura canadese da giovane, ma non sapevo che fosse ‘canadese’”. Invece Robert Kroetsch nel 1989 ricordava che se gli americani si chiedono “chi sono io?”, i canadesi non si domandano “chi” sono ma “se”sono. Insomma, tutti erano concordi nel denunciare una mancanza di autoconsapevolezza dell’identità letteraria canadese, eppure qualcuno l’ha rappresentata al meglio: si tratta della figura misteriosa e trasgressiva di Mazo de La Roche.
Maisy Roche era una bambina solitaria: il padre cambiò molti mestieri prima di divenire commesso viaggiatore; la madre si ammalò e trascorse gran parte della sua vita a letto, sofferente. Nonostante la sua infanzia fosse serena, era pur sempre avviluppata da un alone di tristezza, finché non giunse in casa la cuginetta – poi sua sorella adottiva – Caroline Clement. Nel 1927 Mazo sorprese il mondo intero vincendo il prestigiosissimo Atlantic Monthly Prize, un premio di ben 10.000 dollari, paragonabile all’odierno Booker Prize. Era impensabile per una donna vincere un premio letterario, per di più vincerlo da canadese negli Stati Uniti. Ma il suo romanzo Jalna (ed. orig. 1927, trad. dall’inglese di Sabina Terziani, pp. 382, € 18, Fazi, Roma 2018) ebbe un successo immediato: la saga divenne un film a Hollywood (Jalna, 1935), fu adattato per il teatro e andò in scena al Little Theatre di Londra il 13 aprile 1936, con il titolo Whiteoaks. A play, poi passò a Broadway all’Hudson Theatre, il 23 marzo 1938 con il titolo Whiteoaks. Ne fu tratta poi una serie televisiva nel 1972 alla quale hanno contribuito la stessa scrittrice e lo scrittore canadese Timothy Findley; nel 1994 in Francia si trasmettono le puntate di Les Jalna e il quotidiano “La Repubblica” intitola la relativa recensione I Jalna come Dinasty (14 luglio 1994).
Maso de la Roche, autentica voce canadese, ha in seguito venduto 11 milioni di copie con i suoi romanzi, tradotti in 93 lingue. Jalna è il primo di una saga dedicata alle vicende familiari dei Whiteoaks, nobili tenutari di discendenza coloniale di una country house, in Ontario. La tenuta di campagna è un’icona della letteratura coloniale inglese, come ci ha insegnato per esempio la romanziera anglo-irlandese Elizabeth Bowen (Bowen’s Court, 1942), e la saga familiare garantisce una trama da soap opera ante litteram. Queste sono solo due delle ragioni del successo dei romanzi di Mazo de la Roche. Alle soglie della grande recessione, Mazo è una figura comparabile a Virginia Woolf, con la quale condivide una vita fuori dagli schemi, appartata, in compagnia della cugina divenuta sua sorella adottiva in tenerissima età; entrambe vivono la compulsione per la scrittura, gli attacchi di emicrania e i crolli nervosi, che causano loro ricoveri ed elettrochoc. A differenza di Woolf però, non è circondata da intellettuali e artisti, non ha intorno a sé, nell’isolamento della campagna canadese, l’elettrizzante vitalità culturale di una grande metropoli.
Nel 1928 viene pubblicato Orlando di Woolf, il cui personaggio principale, pur identificato con Vita Sackville West, è un uomo che si tramuta in donna e vive per circa trecento anni. Mazo non è dissimile da Orlando: ha sempre ammirato il mondo maschile con il quale spesso si identifica, individuando nel giovane aspirante artista, Finch Whiteoak, un suo alter-ego finzionale. I suoi primi libri sono molto apprezzati in Inghilterra, dove si pensa siano scritti da Mr. de la Roche, visto il piglio narrativo mascolino. Il 1928 – annus mirabilis per Woolf durante il quale vede la luce anche il famoso saggio Una stanza tutta per sé – è invece l’anno in cui Mazo lotta con se stessa per far emergere le pagine successive dei Whiteoaks of Jalna. Assistita dalla cugina, abile dattilografa, Mazo supera il blocco creativo e produce un altro capolavoro. A voler intrecciare confronti, Mazo somiglia anche a Doris Lessing: come lei può vantare un retaggio coloniale – i nonni si erano trasferiti dall’India in Quebec –; come lei è poi una donna single che adotta non una bambina, bensì fratello e sorella, trent’anni prima dell’adozione non ufficiale di Jenny Diski da parte di Lessing. Un fitto mistero avvolge l’adozione dei due bambini, forse facilitata dell’editore MacMillan che sembra aver avuto un ruolo fondamentale per garantire che una donna sola potesse adottare un bambino, figurarsi due. Mazo è “mammina”, la sorella-cugina Caroline è “zietta”; e mai viene svelata ai bambini la verità sulla loro nascita. Caroline e Mazo fanno di tutto per proteggere la propria privacy – il Bostonian marriage come veniva definita la loro complice esistenza – arrivando a scambiare le date di nascita e morte in modo fuorviante, promettendo di non rivelare mai nulla su di sé o sui bambini. Mazo de la Roche con la sua fama internazionale è all’epoca ciò che oggi è Margaret Atwood: un’icona canadese. Con 37 volumi al suo attivo, racconti, libri per bambini, opere teatrali e i volumi della saga di Jalna, non ha mai esaurito la sua vena creativa, nonostante le aspre critiche ricevute verso la fine della carriera.
Jalna è un romanzo semplice e delicato. La grande casa sembra galleggiare in un’aura incantata e luminosa tra i boschi dell’Ontario, in un paesaggio idilliaco: “Non voleva andarsene da Jalna, amava quel luogo. Lui e Renny amavano ogni angolo di Jalna come nessun altro della famiglia”. La famiglia è retta da una matriarca centenaria, un po’ sorda, golosa, violenta e insolente: “Nonostante la veneranda età, conservava tracce della bellezza di un tempo. Gli occhi ardevano ancora sotto le sopracciglia rossastre e ispide; il naso non aveva perso il finissimo modellato scultoreo delle narici e la lineare perfezione del dorso; tuttavia era gobba, tanto che lo sguardo le cadeva direttamente sui cibi che tanto amava”.
I personaggi si muovono come danzando tra le stanze, all’interno e all’esterno, pronti a sfoderare il loro masochismo verso chi non risponde agli ideali di classe, virilità e produttività, così tipici della numerosa famiglia Whiteoak che per altro è sempre sospesa sul crinale della bancarotta. Tre fratelli autoritari ma inetti, un cane, un gatto e un pappagallo (come nel naufragio di Robinson Crusoe), che impreca in hindi, una sorella mai sposatasi, giovani nipoti irrequieti, sognatori e maltrattati, soprattutto perché aspiranti artisti, matrimoni sfumati e altri ostacolati si alternano sulla scena, con entrate e uscite magistralmente teatrali. Ciò che tiene insieme tutti è Jalna, quel luogo magico, profondamente amato. Quando uno dei fratelli minaccia di andarsene ed emigrare negli Stati Uniti, la nonna grida: “Un Whiteoak che diventa uno yankee? No, no e no!”
Mazo de la Roche tiene testa alla Jane Austen di Orgoglio e pregiudizio (1813), alla Emily Brontë di Cime tempestose (1845-46, pubbl. 1847) ma anche a Elizabeth von Arnim – sua quasi contemporanea e decisamente a lei affine – di Un incantevole aprile (1922, pubbl. 1923). Il film The Mystery of Mazo de la Roche (2012) diretto da Maya Gallus, ha risvegliato l’interesse per questa figura di donna, scrittrice e imprenditrice di se stessa, madre adottiva e figura riservata, tanto da cadere nell’oblio. Nel 1950 veniva pubblicato in Italia La famiglia Whiteoak nella collana “Medusa” di Mondadori; oggi l’editore Fazi ripropone questa scrittrice in nuova veste.
carmen.concilio@unito.it
C. Concilio insegna letterature post coloniali all’Università di Torino