Ogni esistenza è unica e ripetibile
di Beatrice Manetti
dal numero di gennaio 2019
Daniel Mendelsohn
UN’ODISSEA
Un padre, un figlio e un’epopea
ed. orig. 2017, trad. dall’inglese di Norman Gobetti
pp. 307, € 20
Einaudi, Torino 2018
Le storie che racconta Daniel Mendelsohn crescono e si strutturano sempre intorno ad altre storie – e non storie qualsiasi. Negli Scomparsi (cfr. “L’Indice” 2008, n. 7), il libro che nel 2006 ha rivelato al pubblico internazionale le doti affabulatorie di questo poliedrico intellettuale – critico, saggista, traduttore, studioso e docente di lettere classiche – l’indagine condotta fra tre continenti e due generazioni per scoprire la sorte del prozio Shmiel, della moglie e delle loro quattro figlie, inghiottiti dalla Shoah nel villaggio polacco di Bolechow, è scandita dai brani della Torah destinati alla lettura settimanale e dalla tradizione esegetica che è proliferata intorno ad essi: la creazione, l’omicidio di Abele, il diluvio e il viaggio di Noè, il patto tra Dio e Abramo, la distruzione di Sodoma e Gomorra, il sacrificio di Isacco. Così, mentre il Dio di Israele fa e disfa il mondo, punisce ed elegge il suo popolo, Mendelsohn interroga i parenti scampati al genocidio, fruga negli archivi e nei cassetti di famiglia, vola in Europa e in Australia alla ricerca di ulteriori testimoni, nel tentativo di restituire a sei “scomparsi” (sei di sei milioni, puntualizza il sottotitolo, scomparso anch’esso nella traduzione italiana) il privilegio della propria storia.
In questo nuovo libro il sottotesto con cui il testo dialoga incessantemente, e del quale reduplica peripezie e figure, è l’Odissea: una storia, puntualizza Mendelsohn, non solo di mariti e mogli ma anche, “e forse ancor più, (…) di padri e figli”, che si intreccia, progressivamente illuminandola e quindi rendendola narrabile, con la storia di un figlio (l’autore) e di suo padre, ma anche con quella della relazione tra un insegnante e i suoi allievi, impegnati per un intero semestre nella lettura e nella discussione del poema di Omero.
La narrativa degli ultimi decenni ha sperimentato infinite variazioni di simili forme ibride, che contaminano romanzo, memoir, inchiesta storica, saggio, fiction, non fiction e faction. Un’Odissea, con il suo andirivieni incessante tra autobiografia, storia familiare, taccuino intellettuale e diario scolastico (in fondo il libro è anche – ed è forse, per quanto improbabile possa sembrare, il suo aspetto più avvincente – la cronaca di un seminario universitario), rientra a pieno titolo nelle coordinate di un “non-genere” che si pretende anticanonico per statuto e che è tuttavia immediatamente riconoscibile. A questi tratti, però, Mendelsohn aggiunge una pratica della riscrittura dei classici che non nasce soltanto dalla sua attitudine alla divulgazione pop di questioni complesse o dal gusto per il citazionismo ironico tipico della narrativa postmodernista. La sua fedeltà appassionata alla tradizione letteraria occidentale, della quale sono chiamati a testimoni due dei suoi testi fondativi, ci insegna che ogni esistenza è unica e ripetibile e che per raccontarla non c’è modo migliore che raccontarne un’altra già infinite volte raccontata. In questo formidabile corto circuito tra letteratura e vita, Shmiel e la sua famiglia sono sei persone singolari nella moltitudine plurale dei sei milioni di scomparsi, ma la loro traiettoria esistenziale è in qualche modo contenuta nella narrazione ebraica delle origini. Allo stesso modo, il matematico e latinista mancato Jay Mendelsohn, taciturno, solitario, fedele, inflessibile nell’onestà e nell’operosità, è sì il padre che Daniel accompagna in una crociera sui luoghi del poema omerico, ma è anche l’eroe (da lui fieramente detestato) che ha fatto quello stesso viaggio molti secoli prima. “È questo il motivo per cui sento di non aver mai davvero conosciuto mio padre finché non ho cominciato a leggere i classici”.
Basta girare in cerchio e Se l’autore si fa cantore: sul numero di gennaio 2019 anche Stefania Lucamante e Alessandro Iannucci commentano Un’Odissea di Daniel Mendelsohn.