Tortura e terapia del dolore: la schizofrenia di uno stato


Dolore versus dignità

di Giovanni Maria Flick

dal numero di settembre 2018

Il testo che segue è tratto dalla lectio magistralis tenuta per la Giornata Internazionale per le vittime di tortura “Dolore versus dignità”, Auditorium dell’Orto Botanico, Padova, 26 giugno 2018.

Riemerge sotto vari profili il dibattito sulla tortura: sulla sua ammissibilità in linea di princìpio, sui suoi limiti, sulla sua utilità; in modo sempre più palese, sempre meno sotto traccia e sempre più senza pudore. L’uso e la somministrazione del dolore riemergono come strumento processuale di ricerca della verità; come strumento sostanziale di afflittività della pena e di affermazione dell’autorità, di fronte all’opposizione e al dissenso; come strumento di risposta al terrorismo attraverso una prevenzione fondata anch’essa sul terrore. Grazie all’evoluzione della tecnologia si arricchiscono gli strumenti della tortura fisica e/o psichica: dai mezzi meccanici di contenzione e costrizione a quelli chimici, a quelli fisici scioccanti, alla paura e all’umiliazione. Il tutto con l’obiettivo, attraverso la sofferenza, di annullare la dignità della vittima, la sua capacità di resistenza e di autodeterminazione, la sua libertà; di condizionare il suo rapporto con l’autorità e con lo stato. Sussiste come unico limite – quando non intervengano “incidenti di percorso” – la salvaguardia della vita umana (come dovere o più semplicemente per non lasciare tracce visibili sul corpo della vittima, evitando interventi cruenti?). Ma v’è quanto basta per distruggere con la dignità della vittima anche l’architettura – faticosamente costruita con un lungo percorso nazionale e sovranazionale – di convenzioni, di garanzie e di giudici per definire il rapporto fra persona e stato; per collocare al centro di quel rapporto la prima e non il secondo; per cercare di concretizzare e assicurare l’universalità, l’indivisibilità e soprattutto l’effettività dei diritti inviolabili in cui si traduce la dignità di tutti e di ciascuno.

Prima di interrogarsi sulla consistenza delle ragioni che sorreggono la pretesa di legittimità della tortura che si va riproponendo, occorre una riflessione preliminare. Mi riferisco alla schizofrenia e alla contraddizione di uno stato che con una mano somministra direttamente o indirettamente (con la tolleranza quando non con la connivenza) la sofferenza attraverso la tortura; e con l’altra, contemporaneamente, somministra l’antidoto e il rimedio alla sofferenza, attraverso…

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