La nuova direzione dell’Indice
Ogni scomparsa è improvvisa nel momento in cui avviene e quella di Mimmo Candito ha colto “L’Indice” del tutto impreparato. Nessuno aveva pensato come e chi avrebbe potuto sostituirlo. Il Cda ha proposto una soluzione complicata, ma probabilmente la sola che poteva funzionare in una situazione di vuoto: un quadrumvirato (un direttore a rotazione e tre condirettori), formato da collaboratori assidui della rivista e coadiuvato dalla redazione. Quattro persone al posto di una: un rapporto realistico, considerando le spalle larghe di Mimmo; una soluzione equilibrata, considerando gli impegni e le competenze di noi quattro condirettori.
Siamo ben coscienti del peso di un’eredità prestigiosa e pesante al tempo stesso. Prestigiosa perché “L’Indice” è da almeno 30 anni la più importante rivista di recensioni in lingua italiana; pesante perché, oggi, è anche l’unica superstite della strage di riviste letterarie e culturali che ha imperversato in Italia nell’ultimo decennio. Questo per dire che non ci facciamo illusioni sul futuro: o si sopravvive con le nostre forze oppure si chiude senza rumore.
Partiamo però dai dati positivi. Le risorse della rivista sono essenzialmente tre e di grande valore. La prima è la redazione, che assicura da anni la sopravvivenza del giornale con sacrifici personali non piccoli; la seconda sono i lettori che si abbonano e comprano il giornale; la terza, forse meno nota, sono i collaboratori che accettano da decenni di leggere libri e darne conto in maniera gratuita. In termini contabili sono “finanziatori” dell’Indice a tutti gli effetti. In termini culturali ne sono la spina dorsale, un grande filtro critico che seleziona, esamina e giudica ogni anno circa un migliaio di volumi.
Non abbiamo menzionato, volontariamente, gli editori e gli autori. Entrambi ci inviano i libri facilitando molto il lavoro dei recensori, ma non sono nostri “azionisti”: non lo sono mai stati, per la semplice ragione che essi sono anche l’oggetto del nostro occhio critico e non si può condividere il tavolo con chi si giudica.
A tutti dobbiamo, però, una breve dichiarazione di intenti. “L’Indice” è stata e resterà una rivista di recensioni. Ribadire l’ovvio a volte è utile perché ricorda la ragion d’essere di un’impresa culturale di cui oggi ereditiamo la guida; “servire il popolo” dei lettori e delle lettrici è ancora il nostro compito primario. Questo vuol dire che la recensione, come forma critico-letteraria, sarà sempre il centro del nostro lavoro, con tutte le difficoltà che essa comporta: trasparenza, chiarezza, completezza, secondo un decalogo elaborato tanti anni fa da Cesare Cases, (dagli archivi: “L’Indice”, 1984, anno 1, n.1), che non ci sembra superato da altre forme di interventi sui libri. Senza nulla togliere a presentazioni, promozioni, suggerimenti, classifiche, schede ecc., la recensione è una cosa diversa: è il frutto di una selezione, di una lettura professionale e di un giudizio critico; e si potrebbe aggiungere anche il risultato di un lavoro esplicitamente autoriale, non anonimo e non condiviso con network(s) di sostenitori vari. Sul valore e la credibilità dei recensori e delle recensioni si basa gran parte del capitale culturale della rivista. Per questo insistiamo sulla necessità di scegliere i recensori in base alla competenza specifica (“L’Indice” tende a non avere recensori seriali su un’intera disciplina) e alla loro indipendenza, rispetto agli autori e agli editori.
Da anni Mimmo Candito aveva creato anche uno spazio critico ancorato ai libri ma aperto a riflessioni più distese su questioni culturali varie, spesso legate all’attualità, i Segnali. È una sezione che intendiamo rafforzare, magari riducendo il numero di pagine, ma aumentando la carica della rilevanza culturale e politica del tema trattato: i Segnali devono essere veramente tali, devono indicare degli orientamenti, dare il senso di trasformazioni culturali in atto, segnalare nuovi oggetti e nuove interpretazioni.
Insieme a un’altra rubrica esplicitamente dedicata al dialogo, il Primo piano, vorremmo moltiplicare le occasioni di confronto fra idee e discipline diverse, aumentando la contaminazione fra generi e forme della comunicazione culturale, con interviste, forum, accostamenti di materiali apparentemente non omogenei. Siamo convinti che le questioni complesse vadano accerchiate e affrontate da prospettive diverse.
D’altra parte, i processi di involuzione delle società occidentali contemporanee sono evidenti – manipolazione del passato, invenzione di nemici su base etnica, ripiegamento nazionalista delle politiche sociali – e richiedono un’osservazione costante da parte della comunità dei lettori e delle lettrici e uno sforzo critico ancora più forte da parte di chi scrive.
Sappiamo bene che i libri sono in declino e la critica ancora di più, indebolita da strumenti di diffusione del consenso enormemente più forti e invasivi. Ma è anche vero che alla fine le pagine scritte restano, la riflessione critica, alla lunga, crea una base di conoscenza più forte e più duratura di altre. Produrre idee è ancora una delle migliori forme di resistenza possibile.
Massimo Vallerani
Giovanni Filoramo
Beatrice Manetti
Santina Mobiglia