La vita in famiglia degli elefanti
recensione di Marco P. Ferrari
dal numero di giugno 2018
Carl Safina
AL DI LÀ DELLE PAROLE
Che cosa provano e pensano gli animali
ed. orig. 2015, trad. dall’inglese di Isabella C. Blum
pp. 687, € 34
Adelphi, Milano 2018
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I libri che parlano di animali si muovono su un sottile equilibrio: una fragile linea tra aneddoti emozionanti e fredde ricerche scientifiche, difficile da percorrere. Safina non cammina sopra questa linea corre dritto, dal mondo reale alla scienza. L’autore di Al di là delle parole prende tre specie (o forse molte di più) come scusa per addentrarsi e spiegare la sua ‒ forte ‒ opinione su coscienza, mente, etica, ecologia e molto altro. Le specie sono l’elefante africano, il lupo e l’orca. Carl Safina è un biologo statunitense che non ha mai nascosto la sua opinione sul rapporto tra la nostra specie e le altre, e sulla natura stessa della mente animale. Il libro è una specie di summa del suo pensiero, partendo proprio da tre specie paradigmatiche e iconiche. L’elefante africano di savana (Loxodonta africana) è un simbolo della vita in famiglia, con i rapporti tra i vari componenti che sostengono e creano una rete intricatissima e difficile da interpretare, se non sei un elefante. Che si scioglie e si ricrea ogni volta che gli animali si vedono, ogni volta che un maschio entra nel gruppo ristretto delle femmine, e si distrugge in pochi minuti quando i kalashnikov dei bracconieri pagati dai commercianti cinesi falciano intere famiglie; per le loro zanne. Safina si chiede, con forza, come possa l’uomo ridurre al lumicino una specie così carismatica senza nessun rimorso per la perdita e non riesce a darsi pace di queste stragi insensate. Già nelle prima pagine del libro è chiaro come decenni di lavoro sul campo, e una rude scorza di ricercatore, non hanno intaccato la profonda passione che Safina, e gli zoologi con cui a lungo convive, dimostrano verso il mondo naturale. Una passione che traspare anche dopo aver visto l’ennesimo saluto dell’ennesimo elefantino all’ennesima madre al momento del ritorno in famiglia sulle rive di una pozza d’acqua. Storie già raccontate mille volte, per esempio in Vita con gli elefanti, di Ian e Oria Douglas-Hamilton (Longanesi, 1975), ma che qui rientrano in un quadro più complesso e profondo.
La passione diventa rabbia cupa e sarcastica parlando della specie successiva. Il lupo (Canis lupus), che in Nord America è il paradigma della resistenza naturale: alla ferocia umana, ai pericoli dei fucili, ma soprattutto alle continue e a volte brutali aggressioni tra branco e branco, alla distruzione di rapporti continui ma fragili fra padri e figli, fratelli e sorelle. Il lupo dà a Safina anche il destro per un lungo, e a volte diseguale, “trattato” sulla coscienza e autocoscienza, sulle rigide interpretazioni di certi ricercatori che hanno difficoltà a spogliarsi dei panni dei behavioristi di inizio secolo. Safina sembra pensare: “Ma perché ignorate quello che avete davanti agli occhi? Non vedete che con l’autocoscienza animale si risolverebbero tanti problemi?”. E soprattutto si riuscirebbe a entrare in un universo, quella della mente animale, ancora tutto da esplorare e cartografare. In questo l’invettiva non è molto dissimile, tono a parte, ad alcuni degli ultimi libri del primatologo Frans De Waal, come Siamo così intelligenti da capire l’intelligenza degli animali? (Raffaello Cortina Editore, 2016), o ancora a veri e propri monumenti della divulgazione scientifica, come The Question of Animal Awareness di Donald Griffin, che è del 1976.
Dalla complessa saga della famiglia dei lupi Safina passa a un soggetto ancora più misterioso, per il suo ambiente e i suo comportamento: l’orca (Orcinus orca). Qui si nota un’assoluta meraviglia e ammirazione ancora maggiore di quella presente nelle altre parti del volume. Il cetaceo (che potrebbe anche essere diviso in molte specie diverse, perché i branchi sono fisicamente ed etologicamente diversissimi) è un simbolo del rapporto uomo-animale, più del lupo, odiato, e dell’elefante, sterminato per pochi dollari. Le orche sono catturate e rese prigioniere per essere ammirate e per divertire i bambini, in tristissimi acquari in cui non sopravvivono a lungo. Perché l’uomo le crede tutte uguali, ma ogni popolazione ha una sua dieta particolare, le crede feroci e spaventose, ma nessun uomo è mai stato ucciso da un’orca in natura, le crede insensibili, ma non è inusuale che si lascino morire per la mancanza di una famiglia. Il rapporto distorto con una specie così sensibile e intelligente, dice Safina, diventa quasi il simbolo della cecità dell’uomo per la complessità della natura, per la profondità dei miliardi di anni di evoluzione che hanno prodotto un cervello che (e qui l’autore scivola nell’eccessivamente misterioso) sembra in grado di comunicare a distanza con altri. Un “suggerimento” di telepatia che si inquadra però alla perfezione nella totale dedizione di Carl Safina alla causa della natura come degna di attenzione, dotata di valore di per sé stessa ‒ e non perché l’uomo lo conceda ‒ e infinitamente più complessa di quanto certa scienza chiusa tra quattro mura voglia farci intendere.
marco.pferrari@gmail.it
Marco P Ferrari è giornalista e biologo