Mimmo ci ha sempre parlato del suo tumore come se fosse una carie fastidiosa che necessitava qualche seduta di trattamento. Noi lo trattavamo come un uomo nel pieno delle forze che si è preso un raffreddore. La malattia, gli interventi, i viaggi, gli esami c’erano senza sotterfugi, o pietose bugie, però tutte queste cose erano relegate ai margini in modo da permetter loro il meno possibile di intralciare le nostre conversazioni, il giornale, la sua vita. Mimmo era fiero di aver costruito una vera redazione, di averla scelta come interlocutore privilegiato nella conduzione del giornale, di averne difeso l’autonomia di giudizio. Ci ha aiutato a lavorare insieme nei periodi bui, ci ha abbracciato quando ognuna di noi ha dovuto affrontare i suoi lutti, si compiaceva divertito della svolta iconografica delle copertine di Matticchio, aggiungeva i capolettera alle pagine , e faceva i titoli della prima pagina. Suoi sono i titoli del numero di marzo che è appena uscito, li ha scritti dall’ospedale dove, così ci ha detto, era momentaneamente finito perché i medici potessero rivalutare le strategie terapeutiche,. Non ha senso perdersi in un fiume di ricordi, ognuno ha i suoi e li potrà condividere o rendere pubblici in altre sedi. Ci piace ricordare solo un piccolo episodio, molto recente, che, come certi dettagli, può illuminare un carattere e una professione di integrità che sono la sua cifra umana e professionale. Dovevamo pubblicare la recensione di Francesco Ciafaloni a un libro minore, ma molto militante e ben documentato di Amedeo Rossi dal titolo Il muro della HASBARÀ Il giornalismo embedded de “La Stampa” in Palestina. È un attento studio storico e linguistico di come “La Stampa” dava quotidianamente notizie di cronaca dai territori occupati. Il libro, e la recensione di conseguenza, erano molto critici, argomentati, puntuali, seri: una vera e propria denuncia dello squilibro informativo scelto, voluto e perpetrato nel tempo sulle pagine del quotidiano di Torino. Gli era stata segnalata prima di metterla in pagina, come credevamo fosse dovuto, visto che Mimmo prima che direttore dell’Indice è ed era stato da decenni un giornalista di punta proprio di quella testata. Lui si era quasi offeso perché si era sentito trattare da potenziale censore o, peggio, da uno che non ha la schiena dritta per criticare anche aspramente il suo giornale, direttore, editore. Poi aveva capito che si trattava di un gesto sicuramente goffo, ma di cortesia, e tutto era finito in una reciproca presa in giro. Sapeva ascoltare e cambiare idea: dote rara. Era prima di tutto una persona profondamente onesta. Anche enfatico a volte, ma con ingenuità. Mite e generoso. In tutti gli anni della sua direzione ha rinunciato a qualsiasi forma di retribuzione e di contro, ha abbondantemente contribuito ai vari rifinanziamenti del giornale. Non schiacciava, non mortificava, non usava nulla per sé. È stato un grande onore essere la sua redazione. Ci ha voluto bene. E noi a lui.
La redazione
Monica Bardi, Valentina Cera, Gerardo De Giorgio, Elide La Rosa, Luisa Gerini, Tiziana Magone, Andrea Pagliardi, Laura Savarino, Camilla Valletti.
“Quando Mimmo Cándito è arrivato all’Indice come direttore, tutti lo ammiravamo come reporter di guerra; la sua conoscenza diretta del Medio Oriente e dell’Asia, dell’Africa e del Sud America faceva di lui un esperto di politica internazionale dei più autorevoli. Era prevedibile che avrebbe arricchito la rivista con la sua esperienza di grande giornalista. Quel che invece ci ha colto di sorpresa , è stata la la sua curiosità, la sua apertura, la sua sensibilità per tutti i temi che il giornale toccava, anche per quelli più lontani dalla sua esperienza. Era impressionante la sua inesauribile disponibilità intellettuale e umana, che trasformava il lavoro comune nel più fruttuoso e entusiasmante dei confronti.”
Mariolina Bertini vicedirettore