Exit strategy
recensione di Matteo Fontanone
dal numero di dicembre 2017
Tom Drury
A CACCIA NEI SOGNI
ed. orig. 2000, trad. dall’inglese di Gianni Pannofino
pp. 232, € 18
NN, Milano 2017
Dopo le panoramiche ad ampio raggio della Fine dei vandalismi, Tom Drury torna nella contea immaginaria di Grouse, la sua Yoknapatawpha, dotato di una prospettiva ben più ristretta. A caccia nei sogni racconta un weekend autunnale della famiglia di Charles, il Tiny ribelle del primo capitolo della trilogia, che nel frattempo si è sposato, lavora come idraulico e ha portato a termine il suo processo di normalizzazione andando ad abitare in una cascina con tanto di fienile. Tra i numerosi affluenti che componevano il precedente affresco, caratterizzato dalla ricchezza di personaggi, episodi, linee narrative e luoghi geografici, l’autore sceglie di sviluppare il rivolo dei vinti, Charles e Joan, che avevamo lasciato a convivere nel seminterrato di una chiesa, li ritroviamo, qualche anno più tardi, in una condizione più stabile ma altrettanto infelice.
Il “nessuno collettivo” di Tom Drury
Nonostante Drury abbia abdicato a quella coralità sommessa che era cifra dei Vandalismi per focalizzarsi su un punto di vista più intimo, la raffigurazione dell’Iowa rurale e della sua gente rimane la stessa: il “nessuno collettivo” coniato per lui dai critici del “Guardian”. Le esistenze dei quattro protagonisti del romanzo – nel frattempo sono arrivati anche due figli – ruotano intorno alle stesse riflessioni che il lettore di Drury già conosce. In primo piano c’è il fallimento del matrimonio, con quei silenzi persistenti e gravidi di incomprensione, il tradimento come terapia di riscossa e la fuga dalla famiglia come exit strategy (scappano sia Louise nei Vandalismi che Joan in A caccia dei sogni); poi la noia di un benessere materiale senza stimoli né svaghi, infine le dipendenze: alcol e armi per gli adulti, anfetamina per i ragazzi. Quando la vita sembra così piccola da volerla “chiudere in una scatolina e gettarla tra le erbacce”, chi quella vita la abita è costretto a cercare dei diversivi, e nella contea di Grouse, che sembra lontana mille miglia dalla civiltà moderna, anche i sogni diventano un viatico prezioso. Di evasione, certo, ma anche di riemersione del rimosso. Come i cani della poesia di Lord Tennyson, i personaggi di Drury vanno a caccia nei sogni: la notte spalanca loro nuovi scenari, riattiva vecchie fantasie e aspirazioni, può persino essere il sintomo di un fastidio che non riesce più a rimanere nell’oblio e deve fuoriuscire. In coda al romanzo, infatti, l’allegoria e lo scacco: abbandonati temporaneamente da Joan, Charles e i figli escono in veranda e contemplano un’aurora boreale che, non possono saperlo, in realtà è soltanto un fuoco appiccato in un prato poco lontano. Sarà solo un riflesso incondizionato, eppure vengono in mente Platone, le caverne e le illusioni con cui l’uomo scherma tutti i giorni le proprie inquietudini.
matteo.fontanone@gmail.com
M Fontanone è critico letterario
La tenerezza che calibra lo sguardo: Matteo Fontanone intervista Tom Drury.