Enzo Restagno – La testa scambiata

Sensualità annientatrice

recensione di Santina Mobiglia

dal numero di Settembre 2017

Enzo Restagno
LA TESTA SCAMBIATA
Apollinaire fra Picasso e Dora Maar
pp. 156, € 18
il Saggiatore, Milano 2017

Enzo Restagno - La testa scambiataCon un’incursione fuori dal recinto specialistico, ma su un entroterra di cui è da sempre appassionato cultore, Enzo Restagno depone i panni consueti del musicologo per una libera divagazione sulle tracce di luoghi, anni, storie di quegli ambienti parigini che hanno segnato la distruzione creativa delle convenzioni e dei codici linguistici in tutte le espressioni artistiche novecentesche. Con una scrittura ben modulata tra i registri narrativo e saggistico e con la messa in scena, oltre ai nomi annunciati in copertina, di tanti noti personaggi dell’epoca, il racconto prende le mosse da un piccolo enigma che interroga chi si trovi a osservare, in un giardinetto appartato sul fianco della chiesa di Saint-Germain-des-Prés, il monumento commemorativo dedicato ad Apollinaire: una testa di bronzo, opera di Picasso, i cui tratti femminili ben visibili nella capigliatura fanno apparire sorprendente l’associazione all’omaggio reso al poeta.

Di qui la ricostruzione indiziaria dello strano caso della “testa scambiata”, che si rivelerà essere quella di Dora Maar, uno dei grandi amori di Picasso, al termine di un’intricata vicenda che sembra dettata da un copione surrealista di Apollinaire, legato a sua volta al pittore fin dai tempi del sodalizio bohémien nel suo studio a lume di candela del Bateau-Lavoir. Erano passati quarant’anni dalla prematura morte di Apollinaire quando venne inaugurato, nel 1959, il monumento in suo ricordo, e quasi altrettanti dalla prima richiesta a Picasso di realizzarlo da parte della vedova insieme a un gruppo di amici. Il pittore accettò, nonostante – o forse proprio perché – avesse qualcosa da farsi perdonare dal poeta, cui aveva negato una testimonianza a suo favore quando era stato arrestato in seguito a una ugualmente surreale vicenda di furti al Louvre. Presentò dunque vari progetti, regolarmente respinti per il loro ”astrattismo” disapprovato dal comitato promotore nonché dai gusti delle autorità cittadine. Picasso cercò di argomentare le sue scelte collegandole alla poetica di Apollinaire, persino di scendere a compromessi, senza alcun risultato. Fu così che alle rinnovate insistenze di molti decenni dopo rispose inviando una delle teste in cui aveva ritratto Dora Maar, con un tacito malizioso sberleffo ai postulanti che tacitamente a loro volta sembrarono accontentarsi della soluzione. Sberleffi più rumorosi furono invece quelli cui diedero voce Breton, Tzara e altri vecchi surrealisti durante il pomposo discorso di Cocteau – l’uomo “nato stirato”, nella definizione di Picasso – alla cerimonia inaugurale, cui non era presente l’artista né l’ignara Dora Maar, ormai lontana dalla sua vita.

Man Ray, Ritratto di Dora Maar, 1936. Photo credit: Alister Alexander /Camerarts

Se l’enigma delle teste scambiate detta il plot del racconto, ne diventa anche fin dai primi capitoli il pretesto aneddotico per l’inseguimento di altri più sfuggenti enigmi, quelli dei legami segreti e intimi tra arte e vita, tra opera e biografia. Che traspaiono nelle pieghe di suggestive coincidenze e sottili corrispondenze, interrogate da Restagno, come già nel suo recente Schönberg e Stravinsky (il Saggiatore, 2014), per tessere variazioni insolite sulla trama delle vite di grandi artisti. A prendere la scena qui è la figura di Picasso e, accanto a lui, Dora Maar, fin dal suo teatrale ingresso nella sala dei Deux Magots, dove avvenne nel 1936 il loro primo folgorante incontro. Alla sua statuaria bellezza Dora univa le qualità di grande fotografa, e la storia d’amore con Picasso fu anche condivisione di esperienze artistiche. Dobbiamo a lei l’importante serie di immagini che fotografano la genesi di Guernica dalla prima ideazione fino all’opera definitiva. Ma il suo scatto durante una tranquilla passeggiata in Costa Azzurra, in cui coglie Picasso con il volto mascherato da un cranio di bue raccolto sulla spiaggia, acquista il sapore inquietante di un presagio del Minotauro: il mostro del labirinto, raffigurato in infinite varianti iconiche e apparentato alle tauromachie, nel quale Picasso riconosceva un suo double, pervaso da quella “sensualità annientatrice” da cui furono travolte tutte le donne della sua vita. Picasso: Creator and Destroyer (Simon & Schuster, 1988) è il titolo della biografia scritta da Arianna Stassinopoulos in forma di dura requisitoria contro il suo “machismo”. Restagno non pronuncia sentenze, esplora piuttosto attraverso un fitto incrocio di puntuali testimonianze e richiami alle opere (purtroppo solo in parte riprodotte nel volume) i misteriosi intrecci tra l’energia creatrice dell’artista, che nelle esperienze amorose trova linfa per decisive soluzioni stilistiche – come nelle Figures au bord de la mer (1931) dopo le “scorribande pittorico-erotiche” con Marie-Thérèse Walter a Dinard –, e la pulsione distruttiva che segna il corso tempestoso e tragico dei suoi amori. Finirono suicide l’ultima moglie, Jacqueline Roque, e la stessa Marie-Thérèse; la femme fatale Dora Maar, dopo l’abbandono per La Femme Fleur Françoise Gilot, imprigionata nella sofferenza mentale. Diceva Picasso che “non basta conoscere le opere di un artista. Bisogna anche sapere quando le ha prodotte, come, in quali circostanze”. E Restagno offre un convincente contributo a questo programma.

santina.mobiglia@gmail.com
S. Mobiglia è saggista e traduttrice