Deflagrazione di parole e pulsioni
di Filippo Polenchi
dallo Speciale Estate 2017
Giordano Tedoldi
TABÙ
pp. 360, € 14,90
Tunué, Latina 2017
disponibile su IBS
Imprevedibili le vie del desiderio, come quelle della narrativa. Le parole che fuoriescono dalla bocca sono vettori di pulsioni che attraversano un canale erogeno per irrompere nella quotidianità. Le strade di questo romanzo sono soggette a pericolosi détour, imboccano derive visionarie e intossicate, si espongono a fenomeni inconsulti. Si direbbe che Tedoldi prenda alla lettera il riferimento alla violenza, alla ritualità, al sacro e all’omicidio di Girard: il tabù del titolo, ancor prima che riferirsi al biblico “non desiderare la donna d’altri” è freudiano. Il desiderio è violento e la violenza (de)genera in olocausti: su questa china Tedoldi fa scivolare fino a precipitare i suoi personaggi. Se l’inizio della vicenda è apertamente un dramma borghese, il prosieguo è uno sfrenato pastiche di generi (dal melodramma a una specie di beach story, dalla dissertazione filosofica al fantastico all’horror). Piero Origo è innamorato di Emilia, la moglie del suo amico Domenico. A partire da questa banale triangolazione amorosa e dalle sue conseguenze, il plot deflagra. Ed è uno scoppio enorme, accelerato da una lingua stupendamente letteraria, articolata, immaginosa, da dialoghi sempre brillanti – fin troppo – ma programmaticamente artefatta, nel senso più positivo del termine: è il linguaggio che parla a se stesso. Questa è la via tracciata dal desiderio, “la pulsione è una bocca che bacia se stessa” dice Freud.
L’autore fugge consapevolmente dal supposto realismo della narrazione, lasciando finalmente libera l’immaginazione di costruire selvaggi scenari. Tabù è un romanzo complesso, stratificato, denso: “Invece no: ora credeva che ci si può rivoltare contro tutti senza impazzire, si può continuare a fare qualcosa di moralmente discutibile finché smette di esserlo; e non è assurdo fare così, perché la natura fa così, la natura impone la sua mutazione e non retrocede, finché può”. Vi si respirano echi cronenberghiani, metamorfosi di carni e liquefazioni à la Bacon: è invocato tutto il pantheon di trasformazioni corporali di Bataille che ha ben presente Nietzsche. Anche le voci sono tremule, cangianti, inaffidabili. I tre narratori che si alternano alla voce principale contribuiscono alla costruzione di un prisma percettivo dove la deriva delle cose è sempre in agguato. Ci vuole pazienza per abitare il mondo di Tabù, ma la scrittura di Tedoldi non è cosa da prendere alla leggera.
F. Polenchi è redattore editoriale
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