Hortus conclusus
recensione di Franco Zagari
dal numero di dicembre 2016
Marco Martella
TORNARE AL GIARDINO
pp. 64, € 9
Ponte alle Grazie, Milano 2016
Tornare al giardino è un saggio breve dedicato alla tesi che dall’Ottocento a oggi la cultura occidentale abbia indebolito, rarefatto, poi quasi smarrito il senso del suo rapporto con la natura e che il giardino sia quel prezioso spazio residuale di resistenza che permette al nostro immaginario di aprirsi a una riflessione profonda su valori essenziali etici, estetici, di conoscenza, perché forse solo lì è possibile ancora “saper vedere” e forse anche saper reagire. Marco Martella si identifica in questa idea, e converrà al lettore ascoltare direttamente due sue interviste in internet, che permettono di cogliere l’argomentazione sottile e quasi subliminale della sua tesi, esposta con un linguaggio antiaccademico, semplice e diretto, i minima moralia del nostro quotidiano rappresentati sullo sfondo di universali in modo sobrio e chiaro.
Marco Martella è uno storico del giardino, vive a Parigi ed è diventato figura di riferimento nel suo campo, internazionalmente noto a una comunità di cultori per le sue conferenze e per “Jardins” (Ponte alle Grazie), rivista sulla filosofia e sulle poetiche del giardino, che ha fondato nel 2010 e diretto fino a oggi, quando è giunta al suo termine. Tornare al giardino è il primo saggio che firma col suo nome, avendo pubblicato altri due libri con gli pseudonimi di Jorn de Précy per E il giardino creò l’uomo (2013) e di Teodor Cerić per Giardini in tempo di guerra (Ponte alle Grazie, 2015).
Tre capitoli, Luogo, Natura morta e Giardino, invitano il lettore a farsi partecipe di questa esperienza: entrare nel giardino con la voluttà del percorrere un labirinto, ascoltarne e coglierne tutta la ricchezza mitica e simbolica che si rivela in trame narrative sovrapposte. Questa posizione critica è quanto mai laica e solare, lontana dalle tesi che riducono il paesaggio, e il giardino che ne fa parte, alla visione conservatrice di un monumento museificato, privo delle conoscenze che la sua fisiologia materiale e immateriale richiede in quanto organismo vivente, ignorando che la sua essenza di bene culturale è anche sociale ed economica, quindi politica (paesaggio e progetto tendono a identificarsi). E siamo ancora più felicemente lontani anche dalle riduzioni della sostenibilità, quando quella giusta causa si cristallizza però in una mortificazione tecnocratica che traduce tutto in procedure, pesi e misure, un drammatico universo statistico.
Dalla metà del Novecento si è avviato un arricchimento del tema del nostro rapporto con la natura, non solo per una cultura materiale rinnovata da una consapevolezza ecologica, ma proprio in senso culturale generale con la produzione di pratiche, opere, scuole, autori, maestri, la splendida storia del progetto di paesaggio contemporaneo che ci ha dato giardini memorabili.
info@francozagari.it
F Zagari è architetto, paesaggista e ha insegnato all’Università La Sapienza di Roma