Qui sta succedendo qualcosa al dromedario
recensione di Andrea Pagliardi e Tiziana Magone
dal numero di luglio/agosto 2016
Franco Matticchio
JONES E ALTRI SOGNI
pp. 256, € 25
Rizzoli Lizard, Milano 2016
ANIMALI SBAGLIATI
pp. 32, € 17
Vanvere, Roma 2016
Per noi dell’«Indice» non è mai semplice recensire in modo obiettivo un libro di Matticchio e risalire alle sue fonti ispiratrici, individuando un bandolo nell’intricata matassa della sua personalissima visione del mondo. Matticchio illustra questo giornale fin dai suoi esordi e la timida e svagata perentorietà del suo estro ci è ormai talmente familiare da essere parte integrante del nostro vivere quotidiano. Da tre anni, inoltre, i suoi lavori campeggiano a tutta pagina in copertina e sono diventati il nuovo volto della rivista. Qualche lettore, nel corso degli anni, ha protestato per una donnina nuda con la testa nel water o si è scandalizzato per un sedere femminile morbidamente appoggiato sulla tastiera di un computer; noi ci siamo stupiti ogni volta perché trovare della volgarità nei nudi di Matticchio e nelle sue minuscole femmes fatales con i tacchi a spillo sarebbe come pretendere una salda logica narrativa e un finale scontato nelle sue strisce a fumetti.
Al pari di quanto avviene nelle sue illustrazioni, nelle brevi folgoranti short stories di Matticchio, pubblicate per la prima volta su «Linus» tra 1985 e il 1992 e ora finalmente riunite in questo volume, non siamo nel mondo della logica e della morale, ma in quell’assurda terra oltre lo specchio di carta dove i topi tirano mattoni in testa ai gatti e salami con i piedi si rincorrono tra le gambe dei pistoleros. Erede in primis di Roland Topor e del suo tardo surrealismo greve e temporalesco, Matticchio si ricollega d’istinto e in modo spontaneo e naturale a una tradizione ben più antica, fatta di margini, filastrocche, allucinazioni che dalle drôleries di un medioevo fantastico portano al Book of nonsense di Edward Lear, per poi risalire la china del fumetto. Nell’opera di Matticchio il disarmante candore del Tenero Giacomo di Hans Jürgen incontra l’immaginario paradossale di Jacovitti e arriva a lambire le sponde del comic americano, da Winsor McCay a Robert Crumb, da George Herriman a Art Spiegelman.
Mr Jones: il gatto con la camicia
Protagonista di questa raccolta di storie brevi è Mr. Jones, omonimo del fantomatico e misterioso individuo cantato da Bob Dylan in The Ballad of a Thin Man. Jones è un gatto antropomorfo in camicia, pantaloni e bretelle con una benda sull’occhio sinistro. A dirla tutta nel dizionarietto in appendice al volume, prezioso e spassoso vademecum per entrare nel mondo di Matticchio, l’autore specifica con magrittiana ironia che Jones NON è un gatto. Se nelle fattezze Jones ricorda Fritz the cat di Crumb la sua essenza richiama piuttosto la purezza soprannaturale di Mr. Natural, altra geniale creazione del fumettista americano. Con le mani in tasca e una smorfia sul volto che va dallo stupore al rassegnato disincanto, Mr. Jones legge libri e giornali, fa il bagno, passeggia fischiettando, dorme, sonnecchia in un prato, gioca a scacchi; si ostina, insomma, a condurre la più ordinaria e riservata delle esistenze. Il mondo che lo circonda, invece, è gremito di oggetti animati e ribelli, creature improbabili (memorabile la giraffa che col complesso di Eta Beta rovista tra i rifiuti) e animali realistici, fantastici o antropomorfi che, lungi dal creare l’ordinata struttura sociale di Topolinia o la variopinta e organica complessità del regno di Oz, ostentano un’insopprimibile vocazione al disordine. Mr. Jones diventa preda di un universo assurdo dove i cuscini fuggono dai letti nel pieno della notte in cerca di libertà, il sole sorge rumorosamente, le camicie a fiori germogliano e diventano pericolose strangolatrici, i cavalli impazziscono (ma se perdono la testa gliela si può sempre riattaccare con la colla) e le donne amate si dissolvono in un istante in una “miniera di polvere”. Mr. Jones affronta ogni cosa con incredulità: l’occhio (quello non coperto dalla benda) sgranato e la bocca leggermente aperta in un perenne “o” di meraviglia denunciano lo sbalordimento sincero del protagonista e diventano lo sguardo divertito e sorpreso del lettore, mentre sullo sfondo riecheggiano parole e note del ritornello di Dylan: “Because something is happening here / But you don’t know what it is / Do you, Mister Jones?” (“Perché qui sta succedendo qualcosa / Ma non sai cos’è / Vero, mister Jones?”).
La vacca da bagno e altre creature
Dalle origini di Matticchio, disegnatore di strisce in bianco e nero, si può passare agilmente a godersi le sue ultime fatiche, con un libricino diversissimo, ma sempre fresco di stampa, fatto di soli disegni di animali, che in realtà, pur essendo quasi privo di testo, gioca con le parole, le storpia e le raffigura: una contorsione di senso che si materializza in un disegno. Questi sono per lo più disegni recenti a colori, tavole uniche che dialogano con il titolo creando un effetto spiazzante e divertente. Matticchio disegna animali da sempre, di alcuni ne ha fatto dei personaggi come Jones, altri (l’amico Bull Dog) nel tempo sono scomparsi, altri ancora ritornano in contesti diversi come il bull terrier bianco con l’occhio nero (che già ha animato i titoli di testa di Il mostro di Roberto Benigni), o il gufo disincantato col cartello “Vietato sognare” (che inconsapevolmente potrebbe essere il manifesto di una generazione). Matticchio intuisce disegnando, indaga, scava nei ricordi, nell’immaginario pubblico e in quello suo privato, infantile e domestico, ma la solitudine nella quale disegna non è autoreferenziale perché sa creare raccordi con gli immaginari di chi lo guarda e legge. Questo raccordo è un legame, una “corrispondenza di amorosi sensi”, una richiesta implicita di complicità: per divertirsi bisogna sempre essere almeno in due a giocare.
Gli Animali sbagliati vanno guardati con attenzione, capiti, goduti nella loro stranezza sbagliata e a quel punto non potranno mai più ritornare ad essere animali giusti e normali. Dopo aver visto il dormedario che piega il suo collo come un cigno per appoggiarlo sul cuscino adagiato sulla gobba (e così dormire beato) nessun dromedario, visto o pensato, sarà più lo stesso. E senza svelarne la soluzione, quasi fossero degli enigmi da risolvere non con la logica dei rebus o degli indovinelli, bensì con l’immaginazione al timone (se non proprio al potere), Matticchio anticipa, a modo suo, la prossima serie animalesca nella quarta di copertina. Così, dopo la vacca da bagno, il martin cacciatore, l’arpadillo e l’acciugamano non ci resta che aspettare con trepidazione (oppure provare a nostra volta a immaginare) il coccobrillo, il pinosauro, il 45 ghiri o lo stankoala. Animali che ritornano e che la fantasia del loro creatore ibrida e trasfigura, reinventandoli nel tempo, animali sempre strani che continuano a spiazzare e rafforzare quel legame di sensi e rimandi che l’opera multiforme di Matticchio fa rimbalzare di disegno in disegno. Si prenda la donnola, per esempio. Nel libro di Jones c’è una storia (tra le più geniali) intitolata Il parco naturale di Sasso-Giallo in cui, in una delle sei tavole compare l’orso Yoghi che piange a dirotto emettendo gemiti (buuu buuuu buuu). La spiegazione della sua disperazione è affidata a una didascalia: Bubu è scappato con una donnola. La donnola non si vede, ma quel riferimento da solo lascia intuire un mondo delineando un improbabile triangolo amoroso tra orsi e mustelidi (Yoghi, Bubu, e la donnola). Donnola, questa volta disegnata, che ritorna, qualche decennio dopo, elegante e mesta negli Animali sbagliati con un secchio, un mocio e un pavimento da spazzare. È diventata una donnola delle pulizie e chissà se quel lavoro lo fa per arrotondare lo stipendio di Bubu che lontano da Yellowstone non è più riuscito a trovare una soddisfacente collocazione professionale.
Per tutti gli abbonati, nell’area riservata del sito, una riflessione sul lavoro di Franco Matticchio del direttore Mimmo Càndito in L’universo di Matticchio – E non è finita.