Donne maestre di vita
intervista di Raffaella Ronchetta
L’intervista a Michela Murgia sul suo ultimo libro Chirù.
Michela, la sua scrittura è viva, concreta, talvolta cruda, fatta di parole talvolta taglienti, capaci di descrivere la realtà con grande potenza. Da dove viene questa forza così “pulita” , diretta, decisa. Forse dalle sue origini?
Non credo. Il sardo nel parlare è levantino, raramente diretto se non in situazioni di conflitto, spesso dubitativo anche davanti alle evidenze. Non voglio addebitare alla cultura della mia terra uno stile che ritengo dovuto soprattutto alla mia indole.
La Sardegna è la sua terra, e anche in questo romanzo c’è un pezzetto di lei. Cosa c’è in lei di questa terra? Una delle frasi che più ho amato del romanzo è “la cosa che il sardo sa dire meglio non è l’amore. E’ la nostalgia”. Da dove nascono le sue storie?
La Sardegna è la mia terra sempre, ma la gente è la mia gente ovunque. Le mie storie nascono dallo stupore dell’osservazione della vita, non sempre e non solo in Sardegna. Ho visto molti panorami mozzafiato in vita mia, ma nessuno mi è mai sembrato interessante come gli uomini e le donne che ho incontrato e le cui storie mi hanno spinto a scrivere le mie.
In questo suo romanzo lei ribalta alcuni archetipi …. È l’insegnante, donna, ad avere un allievo – protetto più giovane. Al contrario di ciò che accade solitamente.
In realtà credo che l’affidamento, l’accompagnamento, la complicità tra donne più grandi e giovani menti, maschili o femminili che siano, sia molto più frequente di quanto si creda. Se potessero parlare le insegnanti di liceo, le animatrici degli oratori, le amiche di famiglie e tutte le donne che hanno la ventura di entrare in rapporti fiduciari con i figli adolescenti di altri, credo che scopriremmo che questi rapporti sono in realtà estremamente diffusi, ma innominati. Abbiamo un problema di narrazione al maschile, che costruisce immaginari dove solo gli uomini interpretano il ruolo autorevole del maestro di vita, ma la vita i suoi maestri li nomina sul campo soprattutto tra le donne.
Il legame fra Eleonora e Chirù è malato, difficile, oppure solo temerario?
Non credo affatto che sia malato il loro legame, almeno non più di quanto lo siano tutti i legami. È un legame rischioso, questo sì, ma le relazioni sono sempre posti complicati: nessuno è al sicuro quando mette in gioco il suo cuore.
Perché Eleonora alla fine lo allontana, quasi lo rinnega? Perché in lei ci sono le radici del suo passato?
Eleonora non lo rinnega: riconosce invece in lui una forza emotiva che grazie al suo accompagnamento è arrivata al suo massimo livello espressivo e può rappresentare per lei un abisso di attrazione superiore alla sua capacità di resistenza. La maestra che chiede all’allievo di andarsene non sta dicendo: “mi hai deluso”, ma “hai imparato così bene che io non ti servo più”. In tutti i rapporti di accompagnamento sani la parola addio si comincia a sussurrare il giorno stesso in cui si accetta di cominciare la corsa insieme: uno dei due resterà indietro, e di solito non è l’allievo.