Lenti per leggere il nostro tempo
II numero di aprile si apre con due pagine dedicate a Umberto Eco, non nell’ottica di una celebrazione ma in quella di una riflessione sulla scrittura e i gusti dell’intellettuale appena scomparso; nella prima pagina Giuseppe Zaccaria fa alcune acute osservazioni sulla scrittura umoristica e satirica di Umberto Eco, mettendo in risalto il ruolo del riso nelle sue opere, a partire da Il nome della rosa: “Ma perché Jorge odia il riso, ritenendolo il nemico numero uno della religione in cui fanaticamente crede? Il riso è pericoloso perché mette in discussione ogni valore e ordine esistente. Le eresie si possono combattere ed estirpare, non il riso, che induce a ridere dell’autorità, togliendo ad essa ogni sacralità e rivelando quello che potremmo definire pirandellianamente il ‘re nudo'”. Un’indicazione preziosa nella direzione di una demistificazione nei confronti dei miti odierni della massificazione e del consumismo.
Il riso di Eco sembra idealmente legato al distacco ironico rispetto a ogni performance musicale, di cui parla in questo numero Pierpaolo Martino in una pagina dedicata a David Bowie: “In realtà agli inizi della sua vicenda artistica, per sentirsi a proprio agio, cercò di nascondersi dietro una maschera, adottando uno stile di recitazione basato su un’economia gestuale con cui riusciva a comunicare al suo pubblico che quello che stava facendo non era altro che mettere in scena un ruolo, una performance da decostruire”. Riso, intrattenimento e leggerezza possono anche essere il mezzo attraverso cui sensibilizzare a temi di grande serietà, come la tutela dell’ambiente: è Federico Paolini a leggere in questa chiave cartoni animati e “retorica narrativa” degli anime, per concludere ironicamente che “dove non poterono Friedrich Engels e Thoreau, poterono Goldrake e Heidy”. Riso e decostruzione dunque come una lente per capire la realtà, ma altre lenti si applicano al nostro tempo nel numero di aprile: Murat Cinar descrive il quadro dei migranti, alla luce dei recenti accordi fra Turchia e Unione europea, mentre Franzen, in occasione della pubblicazione del suo ultimo libro, Purity, esprime con forza in un’intervista le opinioni personali che ha scelto di lasciare fuori dal suo libro: “Non penso che la concentrazione di potere sia una buona idea, e credo che i fondamenti economici della rete siano orrendi, soprattutto per i giornalisti e gli scrittori free lance e per molte altre persone. È capitalismo in overdrive, e il capitalismo, come sappiamo, non tende esattamente ad un’equa distribuzione dei beni. Mi preoccupano –e provo qualcosa tra lo sdegno e l’ilarità– le promesse utopiche di Silicon Valley: possiamo invece, per favore, smettere tutti di fare finta che si stia lavorando per fare del mondo un posto migliore?”.
Il “libro del mese” di questo numero è Lettere alle amiche di Louis Ferdinand Céline: un’opera che sembra mettere a punto la costruzione del “caso” dell’autore di libro “abominevolmente antisemita” eppure geniale, come sostiene Gabriella Bosco, “inventore di una scrittura rivoluzionaria, coraggioso, profondo, sì, persino profondamente umano”. Nelle pagine di “Primo piano”, I memoriali del caso Schumann di Tuena, esploratore di terre incognite e cacciatore di fantasmi secondo la convincente lettura di Beatrice Manetti. E ancora un libro sul rapporto fra cinema e neuroscienze, Lo schermo empatico di Vittorio Gallese e Michele Guerra recensito da Ruggero Eugeni e Fiorenzo Conti. Nelle pagine dedicate alla lettura, recensioni sull’ultimo romanzo di Claudio Magris, un’intervista ad Angelo Ferracuti in occasione della pubblicazione del suo libro Andare, camminare, lavorare, e ancora Thomas Hardy, David Leavitt , Amélie Nothomb e Vera Brittain, recensita da Anna Nadotti. Nelle pagine di storia il nuovo libro di Timoty Snyder, lo storico reso famoso da Terre di sangue, Italia fascista di Paul Corner recensito da Antonio Bechelloni e i tre ritratti, attraverso i libri, di Giorgio La Piana, Lelio Basso e Luigi Pintor. E poi ancora Leonardo e Giotto nelle pagine di arte e gli scritti sul teatro di Vsevolod Mejerchol’d, commentati da Franco Ruffini. Libri per tutti i palati, fino alla sazietà.
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