La mafia raccontata ai ragazzi
recensione di Elisa Armellino
Silvana Gandolfi
IO DENTRO GLI SPARI
pp. 222, € 14
Salani, Milano 2015
Io dentro gli spari è un romanzo che spiega ai ragazzi cos’è la mafia, attraverso una storia in grado di coinvolgere e aprire gli occhi.
La narrazione, basata su fatti realmente accaduti, facilita la possibilità di immedesimazione nelle vicende grazie alla presenza di due giovanissimi narratori: Santino, di soli nove anni, e Lucio, che di anni ne ha undici. Il primo vive in un paesino in provincia di Palermo, con genitori, sorella e nonni, mentre il secondo si trova a Livorno, con la madre e la sorellina, in attesa che il padre torni dal Venezuela.
In realtà, come l’autrice lascia intuire poco a poco, la presenza di una doppia voce narrante è solo un abile escamotage adottato per segnare la distanza fra il passato e il presente del protagonista. Lucio e Santino sono, infatti, la stessa persona: il bambino siciliano che ha assistito, suo malgrado, all’omicidio del padre e del nonno, da parte di alcuni membri di cosche locali, è stato costretto a cambiare nome e a trasferirsi, dopo esser stato inserito in un programma di protezione dei testimoni di giustizia. A Livorno, Lucio (come ora si fa chiamare Santino) ha come compagna la solitudine: la madre gli fa infatti accudire la piccola Ilaria, come fosse già adulto, mentre lei si dedica a consultare le “magare”, convinta che questo l’aiuterà a capire se il futuro sarà migliore. Soltanto l’arrivo di una ragazzina dagli occhi celesti, Monica, risolleverà brevemente le sue giornate, anche se lo metterà a dura prova: la nuova amica, infatti, vuole che lui gli sveli un segreto, proprio come ha fatto lei, parlandogli del voto che ha fatto per aiutare a guarire dall’epilessia il suo fratellino. Lucio ha però molta paura a rivelarle che, quando è in preda alla rabbia e all’angoscia, scrive lunghe lettere al suo amico immaginario, il “Cacciatore”, confidandogli ciò che sente per quel che ha visto e per ciò che ha subito, prima di distruggerle perché nessuno le legga. Santino (o Lucio) è, del resto, sin da quando è venuto al mondo, una vittima delle circostanze in cui è nato e cresciuto. La sua famiglia è, infatti, coinvolta in giri malavitosi e la cultura cui attinge è intrisa di omertà. Non solo: Lucio non viene amato e difeso per ciò che è – un bambino – ma usato, dal padre e dal nonno, come garanzia di protezione da possibili agguati.
Contro il volere della madre infatti i due uomini lo portano ad assistere a incontri clandestini con membri di altri clan, convinti che Santino possa essere la loro copertura. Non a caso, sarà proprio durante uno di questi incontri che i due uomini vengono freddati a colpi di pistola, mentre Lucio, probabilmente non visto, scende dalla macchina per inseguire una capretta. Rincorso da uno dei killer, si salverà per miracolo, dopo che il crollo di una casa abbandonata in cui si rifugia fa presumere al suo inseguitore che sia morto.
Solo molto tempo dopo, come si scopre attraverso la storia di Lucio, il silenzio omertoso lascerà il passo alla volontà e al coraggio di parlare, per denunciare e fare giustizia.
Di grande valore educativo per il suo contenuto, questo libro – di interesse e stimolo, senza dubbio, anche agli adulti. Silvana Gandolfi, abituata a comunicare con i lettori più giovani, ha uno stile limpido e chiaro, attento alla pregnanza di senso delle parole e alla credibilità delle scelte lessicali, che a tratti riproducono anche espressioni dialettali, senza appesantire la narrazione.
Giunto all’ennesima ristampa, “Io sto dentro gli spari” è, quindi, una lettura caldamente consigliata, che andrebbe adottata nelle scuole per aiutare i ragazzi a riflettere sul tema della giustizia. Perché, come ha detto don Ciotti riferendosi a questo libro: “Son pagine che aiutano a capire, a prendere coscienza, a non rimanere indifferenti: in una parola, a crescere”.
elysarm@yahoo.it
E. Armellino è docente di inglese