Un botanico da marciapiede
recensione di Vladimiro Bottone
dal numero di gennaio 2016
Silvio Perrella
DOPPIO SCATTO
pp. 490, € 16,15
Bompiani, Milano 2015
Cos’è un flâneur? È una creatura che appare con la modernità pur costituendone, per diversi aspetti, l’antitesi e, addirittura, l’antidoto. Nella sua concezione il tempo non è una risorsa da ottimizzare piegandola a fini utilitari. Pur lontano dal bighellonare, il passeggiare del flâneur rimane scevro da scadenze troppo stringenti. Attenzione, però: dietro l’apparente svagatezza questo camminatore nasconde un osservatore, il “pedone vigile” di Baudelaire. Il flâneur, infatti, è sì felice di smarrirsi nella città “come ci si smarrisce in una foresta” (Benjamin). Tuttavia in quell’intrico lussureggiante egli non dismette l’abito mentale del “botanico da marciapiede”. Ovvero dell’esploratore il cui ambiente d’elezione, nonché campo d’indagine, è lo spazio urbano indagato alla stregua di un grande testo. “Lo sguardo percorre le vie come pagine scritte”, secondo la lezione di Calvino in Le città invisibili. E quelle pagine vengono fatalmente a comporre un testo in pietra che non smette mai di appoggiarsi ad altri testi, scritti o visuali. Tutto questo rinvio reciproco fra l’atto fisico del camminare e la citazione iconica o testuale presiede all’ultimo, affascinante lavoro di Silvio Perrella, flâneur tra l’ieri e l’oggi di una città come Napoli che, più di altre, contiene il suo passato come le dita di una mano chiusa a pugno.
Per disserrarne i molteplici sensi Perrella, napoletano per scelta o vocazione, si affida essenzialmente a due facoltà: quella visiva e quella memorizzatrice. Facoltà ugualmente potenziate dalla sua inseparabile fotocamera. Un apparecchio che fissa, dove la memoria potrebbe tradire, e rivela anche dettagli su cui l’occhio potrebbe sorvolare. Benché, va detto, l’occhio analitico di Perrella sia esercitato da sempre a farsi trovare non spiazzato dai “soprassalti di coscienza” che punteggiano le sue passeggiate napoletane. Soprassalti che, probabilmente, destabilizzano ben di più il lettore di questo Doppio scatto, anche quando napoletano genetico come chi scrive. Il che capita quando certi dettagli o scorci estrapolati da Perrella sembrano mostrarsi, per la prima volta, nella loro realtà non abitudinaria. È il caso, giusto per esemplificare, di due palazzi che si ergono sulla salita di Pontecorvo, in pieno centro della città bassa. Io, che ho abitato per oltre vent’anni alla sommità di quell’erta, per oltre vent’anni ho guardato quei due edifici senza vedere. Senza accorgermi, come invece fa Perrella, del loro essere “due navi da crociera altissime e fittamente popolate”, che “si sfiorano ma non si toccano. Nessuna collisione”.
Guardare Napoli con occhi nuovi
Ecco, dunque, che Perrella ci disabitua a ciò che eravamo assuefatti a guardare senza vedere. Senza accorgerci ad esempio, parlo sempre di noi napoletani, della funzione mediana, di confine, esercitata dal Corso Vittorio Emanuele, l’arteria che taglia la collina a mezza costa e opera non solo come via di scorrimento veloce, ma funge da cerniera fra mondi. Un’arteria a sua volta attraversata incessantemente dalla spola della funicolare. Da quei vagoncini senza tempo (memorabili in una sequenza del film L’amore molesto di Martone) che mettono in comunicazione il Vomero, la Napoli collinare e moderna, con il centro antico. Con quel Giù Napoli, dal titolo di un altro bel lavoro di Perrella, che designa la città bassa, caotica e desiderosa di decifrazione come un inconscio. Su e giù Napoli, dunque. Napoli: la città-mondo estesa in lungo e in largo, collinare e planare, dilatata fra terra e acqua, fra l’aria ed il fuoco non certo estinto under the volcano.
La città intagliata da scale en plein air, come quelle erbose del Petraio e da asfittiche scale chiuse che mettono in comunicazione diversi livelli stradali. Come le scale a S. Potito, “dove negli anni 1944-47 abitarono esseri umani”: le scale a S. Potito, fulcro dell’omonimo romanzo, ingiustamente caduto nell’oblio, di Luigi Incoronato. Ed eccoci così all’altra strumentazione che, più dell’indivisibile fotocamera, permette alla flânerie di Perrella quel suo trasformarsi in vera e propria attitudine conoscitiva. Parlo, ovviamente, della letteratura. Di quel bagaglio – leggero come uno zainetto e, nel contempo, onnicomprensivo come un’enciclopedia delle enciclopedie – che consente a Perrella di addentrarsi nelle risonanze della città. In quel labirinto napoletano dove l’unico filo di Arianna è tessuto dalle scritture di Calvino, Herling, Ramondino, Ortese. Il doppio scatto del titolo allude, in definitiva, proprio al duplice clic che fa scattare il flash della memoria letteraria su di un luogo facendo sì che esso, in ritorno, riverberi la propria luce d’ambiente su brani sottratti, così, alla loro vita puramente testuale. Un gioco, per nulla futile, di reciproche citazioni che si tramano e si tengono insieme a formare un mondo che, come ogni mondo, esiste solo per acquistare coscienza di sé all’interno di un libro.
v_bottone@yahoo.it
V Bottone è scrittore e saggista