Trappole per i conigli nella Pampa
recensione di Giorgia Delvecchio
dal numero di giugno 2017
Roberto Bolaño
IL GAUCHO INSOPPORTABILE
ed. orig. 2003, trad. dallo spagnolo di Ilide Carmignani
pp. 158, € 15
Adelphi, Milano 2017
Il gaucho insopportabile (il titolo originale è El gaucho insufrible) è il primo libro postumo di Roberto Bolaño; un paio di settimane prima di morire, nell’estate del 2003, lo scrittore cileno consegnò il manoscritto al suo editore catalano. Il volume raccoglie due conferenze e cinque racconti, fra i quali prevale la narrazione in prima persona. In Jim l’autore adotta lo stile autobiografico, lanciando uno sguardo indietro sulle strade di Messico D.F. e sul personaggio omonimo, ripreso da un precedente romanzo, I detective selvaggi (Adelphi, 2014). Il fugace marine poeta che cerca “lo straordinario per dirlo con parole normalissime”, offre il pretesto per una prima riflessione metaletteraria e introduce il lettore nell’atmosfera visionaria del libro.
Non solo il leitmotiv della ricerca infruttuosa conferisce organicità alla raccolta, ma anche alcuni dettagli coincidenti, che fungono da richiami fra una narrazione e l’altra; ad esempio, la ricorrenza di artisti, intellettuali, o scrittori fra i personaggi, che accentuano la metaletterarietà dell’opera. Il gaucho insopportabile, il secondo racconto, narra di Héctor Pereda, buon padre di famiglia e avvocato benestante e stimato, e del suo viaggio da un termine all’altro della storica opposizione fra la civiltà urbana e il selvaggio mondo della pampa. Negli anni della crisi economica argentina, il protagonista decide di allontanarsi dalla metropoli per attraversare uno spazio più letterario che geografico (“L’Argentina è un romanzo” afferma, “per cui è falsa o quantomeno bugiarda”). Seguendo la vicenda di Pereda, si incontrano numerosi rimandi intertestuali ad altri autori argentini (Cortázar e Borges, per esempio, o Rodrigo Fresán, al quale è rivolta la dedica iniziale). Per lui la pampa è il luogo eterno e ideale dove cercare le origini perdute (“Noi argentini … non abbiamo mai avuto una madre, o nostra madre è rimasta invisibile, o nostra madre ci ha abbandonato sulla porta dell’orfanotrofio”), è “la copia fedele dell’eternità”, ma il suo mondo letterario e immaginario si scontra con quello reale dei giocatori di Monopoli nello spaccio, o del gaucho cacciatore di conigli che si sposta sulla jeep anziché a cavallo. Gli sforzi chisciotteschi e inutili di rifondare la pampa di Martín Fierro concorrono alla rappresentazione parodica della trasformazione del protagonista, dall’imbarbarimento iniziale all’adattamento (“Per sopravvivere, anche lui dovette mettere le trappole per i conigli”). Il ritorno obbligato a una Buenos Aires sconosciuta e riconosciuta nelle sue ombre “mute, come sempre”, completa la metamorfosi del protagonista che sceglie la campagna degradata e assediata dai fastidiosi roditori.
Bolaño dialoga anche con Franz Kafka nel noir Il poliziotto dei topi, chiaramente ispirato al racconto Giuseppina la cantante. Il protagonista, Pepe el Tira, è un diverso, come lo era la zia Josefine e come lo è il colpevole dei crimini sui quali si ostina a investigare. Nei meandri sotterranei più bui, capisce che la causa del male proviene dall’interno, ma proprio per questo va rimossa. Non è il mistero svelato a ristabilire l’ordine, bensì la ripresa del lavoro quotidiano secondo gli schemi consueti. Di conseguenza, l’unica verità accertabile è che ogni individuo che devia “dall’attività costante” va messo ai margini e ridotto a un’episodica e insignificante anomalia, sia che si tratti di un artista, di un assassino, o di un appassionato cercatore del vero. Né l’obiettivo delle ricerche che impegnano i personaggi di Bolaño, né il loro raggiungimento sono poi così importanti, poiché il vero protagonista del libro è il desiderio che li muove e che li fa uscire dall’ordinarietà: “Diventiamo tutti vittime dell’oggetto della nostra adorazione, forse perché ogni passione tende – più velocemente delle altre emozioni umane – alla sua fine, forse per un’eccessiva frequentazione dell’oggetto del desiderio” (da Il viaggio di Álvaro Rousselot). Eppure con la storia di Álvaro, che incontra qualcosa di diverso rispetto a ciò per cui aveva intrapreso il suo viaggio, Bolaño fa intendere che vale la pena percorrere quelle “strade che non portano da nessuna parte”. Ricordando ancora Kafka nella conclusione della conferenza Letteratura + malattia = malattia, spiega che “sono strade su cui bisogna spingersi e perdersi per ritrovarsi o per trovare qualcosa, per trovare qualunque cosa (…), con un po’ di fortuna il nuovo, quello che è sempre stato lì”.
giorgiadelve@gmail.com
G Delvecchio insegna letteratura ispanoamericana all’Università di Parma