Altruisti come i bonobo
recensione di Simone Pollo
dal numero di aprile 2017
Michael Tomasello
STORIA NATURALE DELLA MORALE UMANA
ed. orig. 2016, trad. dall’originale di Sara Parmigiani
pp. 268, € 25
Raffaello Cortina, Milano 2016
Ogni volta che un libro come Storia naturale della morale umana appare nelle librerie d’Italia (o sui suoi scaffali elettronici) è un evento positivo. In un paese in cui nel senso comune della maggioranza dei nostri concittadini, nella politica, e anche nel dibattito culturale, l’etica si lega in modo inscindibile alla religione, un volume come quello di Michael Tomasello appare particolarmente utile, non solo per gli studiosi, ma anche per il pubblico più ampio. Il libro, infatti, è un contributo ricco e originale allo studio scientifico e filosofico della moralità come fenomeno naturale, pienamente spiegabile nel quadro dell’evoluzione biologica della specie Homo sapiens. La comprensione in tale senso della morale è l’obiettivo di ciò che nel gergo filosofico viene definito “naturalizzazione dell’etica”, un tema che, nella sua declinazione contemporanea, ha origine nell’opera di Charles Darwin (che nell’Origine dell’uomo dedicava ampio spazio all’evoluzione delle facoltà sociali e morali umane). Negli ultimi anni questo programma di ricerca ha conosciuto una nuova e promettente fioritura, grazie allo sviluppo delle neuroscienze, dell’etologia cognitiva e della psicologia comparata, e al consolidarsi di uno specifico metodo filosofico che intreccia analisi teorica e ricerca empirica. È in questo scenario che si inserisce il lavoro di Tomasello, psicologo del Max Planck di Lipsia, che da anni si dedica, con lavori di psicologia comparata su umani (specialmente bambini) e primati non umani, alla ricerca circa le caratteristiche specifiche del comportamento sociale umano (oltre che della cognizione e della comunicazione).
Storia naturale della morale umana è un tentativo di organizzare, in una cornice teorica articolata e ambiziosa, i molteplici dati raccolti dall’autore (e da altri ricercatori) sul modo in cui gli esseri umani sono altruisti e cooperano con i propri simili, e sul come e perché tali comportamenti rappresentino un unicum nel mondo animale. Nel libro questa cornice teorica prende la forma di una storia congetturale dell’evoluzione della morale umana dai nostri predecessori (più simili ai nostri cugini scimpanzé e bonobo che a noi) sino all’Homo sapiens contemporaneo. È solo la storia evolutiva dell’animale umano che può rendere conto di questa peculiarità, perché la moralità, come ogni altro tratto che ci caratterizza, è il frutto dell’evoluzione biologica. Dal punto di vista della biologia evoluzionistica, tale specificità non può essere radicata in un’essenza spirituale o in qualche facoltà acquisita al di fuori del lento cammino dell’evoluzione biologica. La morale trova fondamento nell’insieme di circostanze che nel corso dei millenni hanno plasmato la biologia e il comportamento dell’Homo sapiens.
Cosa c’è di speciale, quindi, nella morale umana, secondo Tomasello? Con altri primati, come scimpanzé e bonobo, condividiamo alcune forme di altruismo basate sulla condivisione empatica di stati emotivi e mentali con altri individui e che ci portano, ad esempio, a intervenire anche a spese dei nostri interessi per alleviare le sofferenze di un nostro conspecifico (o che portano uno scimpanzé a consolare un suo compagno sconfitto in uno scontro). Questo primo stadio evolutivo della moralità non è sufficiente a rendere conto – secondo Tomasello – della peculiarità, pervasività ed efficienza delle pratiche collaborative umane. Queste, infatti, possono essere spiegate solo grazie alla specifica capacità della “agentività congiunta” che – dati sperimentali alla mano – fra tutti i viventi della Terra sarebbe solo umana.
Grazie alle peculiari circostanze ecologiche della loro storia evolutiva e alle loro capacità cognitive, solo gli umani, infatti, sono diventati in grado di cooperare in un modo che non è semplicemente l’esito della somma del perseguimento di interessi individuali. Nella cooperazione umana la subordinazione di tali interessi a un’impresa collettiva costruisce una nuova identità, il “noi” costituito dalla mutua collaborazione degli agenti in vista di uno scopo comune.
Secondo l’autore, la “intenzionalità congiunta” (già presentata e discussa in lavori precedenti) promuove i tratti peculiari della moralità umana, costituendone il cuore. Nel momento in cui emerge un “noi”, infatti, è possibile che si sviluppino i tratti peculiari della moralità umana. Fra questi c’è il mutuo rispetto, ovvero il riconoscimento del fatto che la cooperazione non è solo uno strumento contingente per il raggiungimento di scopi individuali, ma implica il riconoscimento di chi coopera come individuo dotato di pari dignità e meritevole di rispetto. Questa intenzionalità congiunta, d’altra parte, rende anche conto dei processi di formazione dell’identità e assegna un ruolo primario al rispecchiamento e al riconoscimento sociale nella formazione del sé (un fatto che le concezioni non naturalistiche rifiutano, appellandosi a visioni in cui il soggetto – magari in virtù di un suo fondamento metafisico – è dato indipendentemente dal suo agire sociale).
Tomasello e le nozioni di oggettività morale e contratto sociale
L’apparato teorico elaborato da Tomasello appare talora eccessivamente schematico nel tentativo di rendere conto di questioni che l’etica filosofica tradizionalmente affronta con imponenti sforzi di cesellatura argomentativa e concettuale. È questo il caso, ad esempio, della nozione di “oggettività morale”, la cui origine è individuata dall’autore in un ulteriore stadio dell’evoluzione dell’etica umana, ovvero la condivisione (e trasmissione) culturale di pratiche e norme fra membri dello stesso clan. Se la ricostruzione avanzata da Tomasello può contribuire alla spiegazione di uno degli aspetti della nozione di oggettività, così come gli umani di oggi la intendono, essa non sembra tuttavia in grado di rendere conto della ricchezza e problematicità della storia evolutiva che plausibilmente ha condotto alla formazione dell’uso contemporaneo di tale nozione (e ai processi che sono alla base della critica di pratiche morali date che la società difende come oggettivamente giuste).
Similmente, Tomasello sembra utilizzare in modo sfocato nozioni teoricamente dense e che con difficoltà si adattano alla sua stessa ricostruzione biologica. È questo il caso dell’idea di “contratto sociale”, invocata per descrivere le specifiche interazioni cooperative umane. Tomasello invoca tale nozione (in riferimento ad alcuni autori che l’hanno elaborata, quali T. Hobbes, J. J. Rousseau e J. Rawls, ad esempio) per identificare condotte cooperative, che un’analisi filosofica più sottile descriverebbe, invece, come “convenzioni”, per usare la nozione che, in alternativa a quella di contratto, propone D. Hume (pensatore, peraltro, talora citato in modo puntuale dallo stesso Tomasello). Laddove, infatti, la nozione di contratto presuppone capacità e impegni razionali sofisticati, quella di convenzione è meno esigente. La sensazione è che l’autore, nel legittimo sforzo di rendere conto della specificità dell’essere umano e della sua unicità descriva in termini troppo onerosi fenomeni che potrebbero essere catturati da apparati teorici meno impegnativi.
Tali osservazioni, apparentemente di dettaglio e oggetto di interesse da parte degli addetti ai lavori, rivelano il rischio sottostante a ogni tentativo, filosofico e scientifico, di naturalizzazione, ovvero quello di cadere in forme di antropocentrismo. È infatti indubbio che l’essere umano presenta caratteri peculiari (e una storia evolutiva specifica che li ha generati) e, tuttavia, rendere conto di questi tratti senza cadere in forme di antropocentrismo è impresa difficile. L’antropocentrismo, infatti, si annida non solo nel pensare gli esseri umani come separati dal resto del vivente (cosa che ovviamente Tomasello non fa), ma anche nel racchiudere i fenomeni umani in spiegazioni più impegnative di quanto richiesto dai dati o dalle storie congetturali che con essi potremmo raccontare.
simone.pollo@uniroma1.it
S Pollo insegna bioetica all’Università di Roma Sapienza