Batteri criotolleranti con facoltà rigenerative
recensione di Luca Terzolo
dal numero di dicembre 2016
Maurizio Maggi
L’ENIGMA DEI GHIACCI
pp. 369, € 16,40
Longanesi, Milano 2016
Amundsen poco più di un secolo fa raggiunse per primo il Polo Sud con slitte di legno tirate da numerose mute di cani (il povero Scott, sconfitto nella folle competizione, morì sulla via del ritorno). Amanda Martin e Shannon Mc Cain affrontano l’impresa di attraversare a piedi l’Antartide con slitte costituite da gusci in nanofibra di cellulosa dotati di kite (vela). Anche l’abbigliamento è molto diverso: della tuta fa parte un «software biomedico collegato a sensori integrati nella fibra del tessuto». Ben presto si scopre che dietro l’impresa sportiva si cela ben altro: la missione di scoprire cosa sta succedendo alla base Rostov: i russi stanno infatti per raggiungere un inesplorato immenso lago sotterraneo. Nel «presente narrativo» del romanzo (un futuro assai prossimo segnato da una gravissima crisi internazionale) si muove la MOST, una potentissima multinazionale che in teoria lavora per e con la Russia (molto ingolosita del potenziale rappresentato da gas e petrolio) ma che di suo mira soprattutto alla ricchezza biologica delle inesplorate acque del lago, probabilmente ricche di «batteri criotolleranti con facoltà rigenerative».
La MOST arruola Gabriel Novak, un fanatico religioso (fedele della Sorveglianza Cristiana che gli dà ordini tramite «la Voce»), che ben presto inizia a muoversi in totale e folle autonomia distruggendo l’Hydrobot, un costosissimo drone sottomarino indispensabile all’esplorazione dei pozzi che nella sua mente non sono altro che «torri di Babele rovesciate». E soprattutto cercando di uccidere Amanda per motivi che ben presto saranno svelati (la donna ha ucciso, eutanasia, i genitori malati terminali… e «deve» quindi essere giustiziata da Gabriel). Nella base Rostov lavora il veterano Mikhail Rebko (bel personaggio, forse il più interessante) lì esiliato per antichi motivi politici. Autore di L’enigma dei ghiacci è Maurizio Maggi. Italianissimo (ma non privo di esperienze internazionali). Curioso come nel suo primo libro pubblicato, l’adesione al moderno modello internazionale del romanzo d’avventura (Crichton, Cussler, ecc.) sia spinta all’estremo: non è presente nessun personaggio italiano. E anche l’unica ambientazione italiana è assolutamente priva di qualunque fascinazione paesaggistica. La location è l’autostrada Torino Milano (al 52° chilometro, per la precisione). È in questo anonimo tratto di autostrada circondato dalle risaie, nel mezzo di gravi scontri tra forze dell’ordine e rivoltosi, che Gabriel riesce a far saltare l’Hydrobot. Perfetta la mimesi del genere letterario di riferimento (ottimo il montaggio «alternato» dei brevi capitoli, e intelligente la collocazione nelle ultime righe di ciascuno dei «colpi di scena» che hanno la funzione di fare da traino al capitolo successivo). Meticoloso il lavoro di ricerca e documentazione. Meno convincenti (alquanto ingenue: ma anche questa è una delle caratteristiche del «genere») le parti in cui dialogano, a Londra e poi a Berlino, i protagonisti della politica internazionale: la Cancelliera (sempre e ancora lei…), il Colonnello (Putin?) e la Presidente (Maggi evidentemente “punta” su Hillary…). Abbiamo scritto «primo libro pubblicato» perché di Maurizio Maggi ricordiamo il testo (precedente?), finalista nella XXVII edizione del Premio Calvino. Un originale romanzo ambientato in Afghanistan costruito attorno alla spiazzante figura di un poliziotto locale e a un’inchiesta in cui gli aspetti «gialli» si fondono con quelli di ricostruzione storica. Ne aspettiamo con impazienza la pubblicazione.
L Terzolo è lessicografo e scrittore