Triangolo amoroso e professionale
recensione di Paola Della Valle
dal numero di febbraio 2017
Lily King
EUFORIA
ed. orig. 2014, trad. dall’inglese di Mariagrazia Gini
pp. 242, € 19
Adelphi, Milano 2016
Il titolo dell’ultimo romanzo di Lily King è tratto da un passo del libro stesso in cui la protagonista descrive ciò che le piace del suo lavoro di antropologa, definendo “euforia” la sensazione che la pervade quando raggiunge una certezza o, più spesso, l’illusione di una certezza finché questa non venga smentita: “Non c’è euforia più breve e più pura”. Questa sensazione vuole riassumere il carattere appassionato e autocritico dell’antropologa americana Margaret Mead, che il personaggio fittizio di Nell Stone incarna. Il romanzo si nutre di una storia vera: i pochi mesi trascorsi nel 1933 da Mead sulle rive del fiume Sepik nell’allora territorio della Nuova Guinea insieme con altri due antropologi, il marito neozelandese Reo Fortune (nel romanzo Schuyler Fenwick detto Fen) e l’inglese Gregory Bateson (Andrew Bankson). King amplia dunque un episodio tratto dalla biografia Margaret Mead: A Life (1984) di Jane Howard, tratteggiando i personaggi sulla base di materiale documentario ma dando poi al racconto vita propria. Un esempio lampante è la conclusione: nella realtà Mead divorziò da Fortune per sposare Bateson mentre King, contrariamente a quando spesso accade nelle trasposizioni narrative, non sceglie un lieto fine.
Il romanzo è essenzialmente la storia di un triangolo amoroso e professionale, centrata più sui tre etnografi – personalità, difficoltà pratiche e psicologiche incontrate nella ricerca sul campo, metodo di lavoro – che sui popoli studiati.
Spunti su più livelli
Nell è una donna minuta e apparentemente fragile, ma infaticabile, determinata, perspicace e metodologicamente intuitiva. All’inizio del romanzo è già una personalità famosa in patria grazie a un saggio “sulla vita sessuale dei bambini indigeni”, basato su una precedente ricerca alle Isole Salomone. È ovvio il riferimento al celeberrimo Coming of Age in Samoa (1928), dove Mead dimostrava alla sessuofobica società americana del tempo, in modo discorsivo e poco accademico, che il disagio adolescenziale, specie riguardo alla sessualità, non è naturale ma appreso e dunque originato da aspetti culturali e non biologici. Fen è un prototipo di “macho”, grezzo e sregolato, che guarda la moglie con un misto di invidia e ammirazione e vuole dominarla sia sessualmente che professionalmente: “Lui l’aveva spogliata delle sue opinioni”, dirà Nell. L’avventurosa svolta finale, il trafugamento da parte di Fen di un oggetto totemico che avrà conseguenze drammatiche, è un’impresa “da Indiana Jones” ascrivibile alla disperata necessità di legare il proprio nome a un ritrovamento importante per non vivere all’ombra della moglie. Bankson è invece un uomo sensibile, segnato dalla vita e in profonda crisi esistenziale. La vicinanza della coppia, ma in special modo quella di Nell, servirà a dargli nuova linfa vitale e professionale. E lui mostrerà alla donna la possibilità di un rapporto di coppia fondato su empatia e collaborazione, non competizione.
Il libro tocca alcune questioni d’interesse per gli antropologi, come l’ideazione da parte dei tre studiosi di uno schema teorico, la cosiddetta “griglia” (the theory of squares, in realtà solo abbozzata) basata sull’idea che le culture siano fortemente attratte verso determinate direzioni (corrispondenti a caratteristiche generali, ad esempio: determinazione, assertività, possessività, aggressività invece che accoglienza, comprensione, flessibilità, obbedienza ecc.) a scapito di altre. Si descrivono anche le diffuse cerimonie di travestitismo per riequilibrare l’eccesso del femminile o maschile negli individui o nella tribù. Infine viene esplorato un rituale erotico collettivo tutto femminile, nel quale le donne utilizzano pietre roventi per massaggi e come oggetti di penetrazione.
Al di là della storia in sé e dei riferimenti ai vari studi dei tre antropologi, due aspetti risultano particolarmente interessanti. Uno è l’enfasi posta da King sulla questione di genere nella vita matrimoniale di Nell e Fen, all’interno di un’opera ispirata a una studiosa che è considerata proprio la fondatrice degli studi di genere. Non si può non ricordare il saggio Sex and Temperament (1935), in cui Mead dimostrò che i ruoli sessuali (come per il disagio adolescenziale) non sono innati ma determinati culturalmente e dunque differiscono in società diverse. L’altro aspetto è il metodo di ricerca di Nell, che riflette quello di Mead nel dar rilievo non solo all’osservazione (come si farebbe in zoologia) ma anche all’interazione con gli indigeni, i quali diventano soggetto e oggetto al contempo di una ricerca condivisa e partecipata. Il suo metodo prevede dunque l’attribuzione all’“altro” di ciò che gli inglesi chiamano agency, termine difficilmente traducibile in italiano. È dunque un romanzo ricco di spunti a molti livelli, reso piacevole alla lettura da una buona traduzione.
paola.dellavalle@unito.it
P Della Valle insegna letteratura inglese all’Università di Torino