Come riscoprire il vintage anche in tecnologia
di Gabriele Balbi
dal numero di aprile 2017
La storica produttrice di telefoni mobili Nokia ha recentemente annunciato che tornerà a produrre il modello 3310. Si tratta di un telefonino – splendido vezzeggiativo italiano che testimonia quanto il mezzo sia entrato nelle abitudini quotidiane – che ha senza dubbio fatto la storia del settore. Nei paesi occidentali, infatti, il telefono mobile è diventato un fenomeno di massa tra la fine degli anni novanta del Novecento e i primi anni Duemila. Tre aziende in particolare approfittarono di quello che si stava configurando come il maggior successo della storia dei media: due europee (Ericksson e Nokia appunto) e una americana (Motorola). Il “vecchio” Nokia 3310, prodotto dal 2000, aveva precise caratteristiche socio-tecniche: un design accattivante anche grazie alle cover intercambiabili, estrema facilità d’uso, legame simbolico con gli sms e quindi con le subculture giovanili (il primo cellulare a usare il linguaggio di composizione predittivo T9 fu sempre un Nokia a partire dal 1999) e infine l’integrazione di giochi popolarissimi come Snake.
I media nascono almeno due volte
Perché in un’epoca di smartphone riproporre un modello ormai desueto, anche se non completamente abbandonato, e più in generale perché dotarsi di uno strumento di comunicazione meno evoluto rispetto a quanto disponibile sul mercato attuale? Il presente articolo vuole rispondere proprio a questa domanda proponendo di leggere il ritorno del 3310 alla luce di alcune teorie e contributi scientifici nell’ambito dei media studies. Anzitutto, questo caso rientra perfettamente nella teoria della doppia nascita dei media di André Gaudreault e Philippe Marion (A medium is always born twice… in Early Popular Visual Culture, 3, 2005). Secondo i due studiosi, infatti, i media nascono almeno due volte: una prima come continuazione di pratiche precedenti e una seconda specificando la propria natura multiforme. Nello specifico, il Nokia 3310 rappresenta un esempio calzante di doppia nascita. Se nei primi anni Duemila esprimeva le massime potenzialità della telefonia mobile di prima generazione e rappresentava uno strumento di comunicazione all’avanguardia, oggi rinasce come mezzo volutamente rétro, con un patrimonio nostalgico e di brand già notevole, e come un’alternativa comunicativamente meno intensa rispetto agli smartphone. Tutti questi aspetti meritano di essere approfonditi.
In primis occorre ragionare sulla dimensione tecno-economica. Una deficienza fondamentale degli smartphone è la breve durata della carica della batteria. Se questo rappresenta un problema fastidioso nelle società occidentali, in un’ottica globale la batteria può addirittura contribuire a limitare la diffusione dei telefoni smart, dal momento che intere regioni del mondo (specialmente in Africa e in alcune zone dell’Asia) hanno un accesso saltuario o addirittura inesistente alla rete elettrica. Per milioni di persone, quindi, i telefoni 1.0 sono tuttora l’unica tipologia di cellulare utilizzabile. Non è quindi un caso che uno degli aspetti più promossi del nuovo Nokia 3310 sia il fatto che la batteria in standby possa durare addirittura un mese. Come ricordato qualche anno fa da Lisa Gitelman e Geoffrey B. Pingree (New media, 1740–1915, MIT Press, 2003), in altre parole, i media più nuovi non sono necessariamente superiori ai vecchi: se consideriamo la durata della batteria, per esempio, lo smartphone presenta un chiaro svantaggio competitivo rispetto ai telefoni mobili 1.0. Il costo è un secondo aspetto da considerare: se gli smartphone più evoluti arrivano a costare svariate centinaia di euro, il nuovo Nokia verrà lanciato sul mercato al prezzo di 49 euro. Infine, sempre sotto il profilo tecnologico, occorre ricordare che nel 2016 il 54,8 per cento degli oltre 7 miliardi di abbonati al telefono mobile sul pianeta ha usato un telefono 1.0 e solo il 45.2 per cento uno smartphone (www.statista.com/statistics/285596/forecast-smartphone-penetration-amongst-mobile-users-worldwide/). Questo per i problemi presenti in certe aree del mondo e descritti in precedenza, ma anche per forme di resistenza agli smartphone anche nei paesi occidentali, dove una certa percentuale di utenti ha una scarsa alfabetizzazione digitale e manca di competenze per utilizzare i telefoni 2.0. Non è un caso che il tema delle nuove disuguaglianze tra le generazioni e tra le varie regioni del mondo provocate dalla digitalizzazione (il cosiddetto digital divide) sia centrale negli studi sui media (The Digital Divide. The Internet and Social Inequality in International Perspective, a cura di Massimo Ragnedda e Glenn Muschert Routledge, 2013). Molti altri, che pure saprebbero utilizzare un telefono mobile intelligente, desiderano invece uno strumento più semplice, che permetta loro soltanto di telefonare ed eventualmente inviare e ricevere sms. Nel video promozionale del nuovo 3310 prodotto dalla stessa Nokia, ad esempio, compaiono quattro parole chiave (talk, text, play e Snake) e due di queste indicano ciò che un telefono mobile di base dovrebbe fare: permettere di parlare e di mandare sms, semplicemente.
Gli utilizzatori tipo
Per rispondere alla domanda iniziale sui possibili acquirenti interessati al nuovo Nokia, si può così prefigurare una prima categoria di utilizzatori: non occidentali, con poca disponibilità economica, oppure occidentali ma con scarsa dimestichezza tecnologica o semplicemente desiderosi di utilizzare un telefono con funzioni di base. Tuttavia queste tipologie sono semplicistiche ed occorre seguire altre piste suggerite dai media studies per allargare il quadro. Un secondo insieme di possibili ragioni chiama in causa altri studi recenti sui media, all’incrocio tra nostalgia, vintage e tecniche di marketing (si vedano Katharina Niemeyer, A theoretical approach to vintage: From oenology to media, in “NECSUS. European Journal of Media Studies”, 4(2), 2015, e il numero speciale della rivista “medien & zeit” curato da Manuel Menke e Christian Schwarzenegger su Media, Communication and Nostalgia, 31,4, 2016). Il ritorno del Nokia 3310 può infatti essere letto come una domanda nostalgica da parte degli utenti e la stessa Nokia sostiene sempre in uno slogan promozionale “You asked for it… we brought it back. The Nokia 3310 is reborn” (“Lo avete richiesto… e noi ve lo abbiamo riportato indietro. Il Nokia 3310 è rinato”). La nostalgia è un fattore trainante dei media contemporanei e rappresenta una tendenza cresciuta con l’avvento della digitalizzazione, come dimostrano il ritorno delle tecniche fotografiche analogiche o quello dei vinili (vedi anche La bugia del cloud su “L’Indice” 2016, n.3).
Ma per quanto riguarda la telefonia c’è qualcosa in più. Nokia è sicuramente un marchio in grado di suscitare forme di nostalgia per il passato dal momento che, come detto inizialmente, si tratta di uno dei produttori di telefoni mobili più rilevanti degli anni novanta e di primi anni Duemila. Milioni di utenti, insomma, hanno approcciato il telefono mobile proprio partendo da un Nokia e questo imprinting stimola un legame positivo col brand. La rinascita del Nokia 3310, però, si inserisce anche nella tendenza vintage della società contemporanea. Il Nokia 3310 è un tipico oggetto di culto della società tardo novecentesca, un mito d’oggi avrebbe probabilmente detto Roland Barthes, che è ri-semantizzato e riscoperto ad anni di distanza – peraltro non nella forma identica all’originale se si pensa allo schermo a colori o al fatto che permetta un accesso light alla rete. Per tutte queste ragioni, il nuovo 3310 potrebbe interessare anche a chi intende partecipare a questa tendenza vintage, appropriandosi magari di un oggetto che non ha mai utilizzato nella sua forma originale. Siamo insomma a cavallo tra quella che è definita come nostalgia storica (ovvero provare nostalgia per qualcosa che non si è mai vissuto) e partecipazione a un fenomeno di rebranding, molto popolare anche in altri settori quali la moda o le automobili. Quanto fatto da Nokia fa pensare ad esempio a Fiat, con la riedizione della “mitica” 500, oppure a Mini con la Mini Cooper. Ecco quindi il secondo possibile profilo di utente del nuovo Nokia 3310: nostalgico della comunicazione intima telefonica 1.0 e della dimensione memorial-affettiva del mezzo, ma al tempo stesso attento al vintage e al rebranding dei prodotti di consumo.
Il desiderio di staccare la spina
Gli studi sui media, però, ci forniscono anche un terzo e ultimo set di ragioni per comprendere il ritorno del Nokia 3310. Si tratta di un paradosso per la disciplina in sé, ma di un fenomeno particolarmente rilevante nella società digitale: il desiderio di staccare la spina dalle comunicazioni, di ridurre la propria presenza e partecipazione ai social network, di disintossicarsi (si parla non a caso di digital detox). In una parola di de-comunicare o, come lo hanno definito Christian Schwarzenegger e Anne Kaun (“No media, less life?” Online disconnection in mediatized worlds, “First monday”, 19, 11, 2014), di disconnettersi. Anche in un tempio della comunicazione quale Wall Street, dove i broker hanno necessità di essere sempre raggiungibili e connessi a internet con i loro smartphone, sta emergendo una nuova tendenza: la sera, gli stessi broker trasferiscono la loro SIM card in un telefono 1.0 tipo il Nokia 3310 così da staccare con la finestra lavorativa ed aprirne una più privata e meno comunicativa. Molte ricerche scientifiche hanno poi messo in luce il fatto che la mole d’informazione che ci circonda sia sempre più difficile da gestire e richieda un impegno anche nervoso dell’utente quasi continuo – l’espressione usata dalla ricerca è quella di information overload, quasi fosse appunto un sovraccarico di tensione elettrica. Pensiamo ai gruppi WhatsApp, ai post su Facebook, al ritmo di produzione dei Tweet e a tutte le altre forme di comunicazione che non spariscono di certo con la digitalizzazione, tanto che in molti paesi si guardano sempre più ore di televisione e si ascoltano sempre più ore di radio.
Il nuovo Nokia 3310, insomma, potrebbe risultare strategico nel tentativo di arginare questo diluvio d’informazioni. Un telefono semplice, con limitate funzioni e limitato accesso alla rete, che serve per telefonare, scambiare messaggi e giocare a un gioco in particolare (invece delle decine di giochi disponibili scaricando un’app su smartphone). Un telefono che sembra adattarsi alle abitudini e alle esigenze degli utenti invece che imporsi all’attenzione come spesso capita con gli smartphone, pieni di stimoli visivi e uditivi. Un telefono semplice che permetta di rallentare questa corsa all’informazione, proponendo un ritorno a una comunicazione più vicina alle esigenze della singola persona e, in fin dei conti, al lato più umano: un’esigenza che Andrew Sullivan ha messo in luce nell’articolo I used to be a human being pubblicato dal “New York Time Magazine” a settembre 2016 (nymag.com/selectall/2016/09/andrew-sullivan-technology-almost-killed-me.html). Il nuovo Nokia 3310 potrebbe quindi prevedere anche un utente volutamente meno connesso e desideroso di gestire a ritmi blandi la propria quotidianità comunicativa, quasi fossimo alle origini di una tendenza slowfood nel settore della comunicazione. Il vecchio che avanza sembra insomma farlo lentamente e consapevolmente.
gabriele.balbi@usi.ch
G Balbi insegna media studies all’Università di Lugano