L’odore della pasta lavamani
recensione di Angelo Ferracuti
dal numero di maggio 2017
Alberto Rollo
UN’EDUCAZIONE MILANESE
pp. 189, € 16
Manni, Lecce 2016
In parte memoir, romanzo di formazione, ma anche documento di un’epoca, lo strano ibrido scritto da Alberto Rollo in realtà mira sì al racconto autobiografico, ma dentro il sentimento di una città che diventa luogo identitario e fondale storico di un’epoca e di una generazione. La Milano sereniana, quell’insondabile della poesia che mette insieme mondi apparentemente lontani, “ponti in cui lo spaesamento e il sentirmi a casa coincidano” – come avverte l’autore fornendoci un grimaldello intenzionale – dentro la trama di una città, dove il racconto memoriale pendolareggia tra ieri e oggi.
L’aneddotica dei racconti del parentado inizia nel cuore di una famiglia operaia e socialista degli anni cinquanta di via Mac Mahon, l’immaginario principale è la ferrovia, condomini dove il protagonista sente odore di “polvere di cemento, vernice e tintura fresca”, o quello “forte, acido, della pasta lavamani”, tra classe operaia e borghesia non c’è rapporto, “la condizione di impiegato era già considerata un tradimento”, il lavoro, il fare, è invece una condizione assoluta dello spirito e identità di classe nelle officine. Quando “le fabbriche erano i veri monumenti della città”, e la Guzzi di suo padre sfrecciava “sul ponte di Greco, sul ponte della Ghisolfa” diventando a posteriori modernariato mitologico. Rollo compie non solo una topografia di luoghi, ma mette insieme oggetti e reperti, innestando nella narrazione anche elementi sociologici di un saggismo assunto dall’esperienza quotidiana dentro la sua condizione, racconta miti e riti diversi di una società rigidamente classista.
C’è un filo sottile che lega la generazione del padre con quella del figlio del protagonista, che forse è anche il confine che divide le due parti del libro, i funerali di Giangiacomo Feltrinelli, fondatore della casa editrice dove l’autore lavorerà come editor più tardi e per molti anni. Nel documentario girato da Bellocchio il 28 Marzo 1982, si vede la faccia del genitore “che, a pugno alzato, cantava Bandiera rossa”, il conio di una comune appartenenza di classe.
Quando arriveranno prima il Sessantotto, poi gli anni settanta, l’educazione milanese alla quale allude il titolo incrocerà la storia di quelli come lui che avevano guardato il mondo “con occhi diversi”, una generazione “che preferiva morire invece che invecchiare”; allora il protagonista uscirà dalla sua classe di provenienza superando la linea d’ombra della giovinezza in una tempesta di sollecitazioni, sospeso tra “aristocrazia proletaria e borghesia ribelle”, incontrando l’amico del cuore Marco, una sorta di coscienza critica e fil rouge della memoria, Adriana, Paolo, Grazia, tutti gli altri ragazzi, la foto di gruppo di un momento e di un’epoca, il cinema d’essai e il teatro ribelle del Living, Jannacci e I Gufi, i Pugni in tasca e Lou Castel, il sound dei Doors dove “c’è il fuoco” di The end. Poi i libri, Fortini, Fo, Testori, il magistero militante di Goffredo Fofi. Il libro si chiude all’inizio del 1979, in pieni anni di piombo, il grande freddo gela troppo presto i sogni, ma era una cesura annunciata molto prima, “ferite anticipate, futuro già bruciato, sogni dispersi”, come scrive l’autore.
Narrato con partecipazione emotiva e sguardo onesto, Alberto Rollo fa i conti con la propria storia mettendo insieme i tanti pezzi di una memoria problematica e di una materia ancora incandescente, dentro il cuore pulsante della città più metropolitana d’Italia, dove “la bellezza cerca di diventare ricchezza”.
angelo.ferracuti@interfree.it
A Ferracuti è scrittore