Le affinità elettive
recensione di Raffaella Ronchetta
Michela Murgia
CHIRU’
pp. 200, 18,50
Einaudi edizioni
“Chirù venne a me come vengono i legni alla spiaggia, levigato e ritorto, scarto superstite di una lunga deriva”. Chirù, il nuovo libro di Michela Murgia, (Einaudi 2015), uscito a sei anni dal grande successo di Accabadora, è una storia che parla d’amore e di legami, di affinità elettive e di scelte e per farlo intreccia luoghi, storie, tabù infranti. La Sardegna, terra natale della Murgia, dove sulla spiaggia del Poetto si infrange il mare mosso dal maestrale, poi Torino e Firenze, le tiepide ed eleganti terrazze romane, il gelo del Nord, Stoccolma e Praga. Luoghi che descrivono e accompagnano, fanno da cornice, allo scorrere dei sentimenti e degli stati d’animo, al procedere della storia.
E poi le storie, del passato e del presente. Quella di Eleonora, attrice trentottenne, “infelice con classe”, triste, insicura, con profonde ferite legate a un’infanzia difficile e misera e una falsa felicità ostentata grazie al successo di una brillante carriera. E’ la storia di Chirù, diciottenne, giovane uomo ancora “grezzo”, violinista pieno di talento alla ricerca di stimoli, di una guida, di qualcuno che gli insegni, come farà Eleonora, ad avere coraggio e rischiarare. A crescere, scoprire le proprie passioni e coltivarle, curarle, farle sbocciare.
E’ la storia del legame fra Eleonora e Chirù, del loro incontro e della scelta di scegliersi. Eleonora, attrice affermata, donna senza figli, maestra per passione, vocazione, desiderio, forse anche per esigenza. “Avrei potuto dire che Chirù l’avevo scelto perché lo amavo e sarebbe stato vero: l’avevo amato dal primo istante in cui l’avevo visto nella terrazza pensile del bastione; ma amavo anche il senso di onnipotenza che mi dava l’esercitare su di lui un’influenza così assoluta da non aver bisogno di nessuna coercizione”. E Chirù, affamato di sapere, di scoperte, di ambizioni. Affamato di amore e di opportunità, di nuove esperienze e nuovi mondi. Malato di quell’egoismo tipico dell’adolescenza, quando si crede che tutto sia dovuto, che ogni cosa spetti di diritto.
E’ la storia del legame arcaico fra insegnate e allievo, un legame che è passaggio di saperi e consegne, e per Eleonora e Chirù è anche passaggio di sofferenze e contraddizioni. Il loro è un rapporto difficile, fatto di una ricerca spasmodica di amore e conferme, di strappi e disaccordi. Fatto di tanto da perdonare e farsi perdonare. Perché il loro riconoscersi e scegliersi fonda le radici nelle ferite, nell’irrisolto che ciascuno dei due porta con sé. “Io Chirú lo riconobbi dall’odore di cose marcite che gli veniva da dentro, perché quell’odore era lo stesso mio”. Per Eleonora è un passato difficile, un’infanzia fatta di incomprensioni e inadeguatezza, per Chirù, forse, due genitori che non lo comprendono, con cui ha un rapporto problematico. Una storia di passaggio di testimoni, fra la maestra e l’allievo. Un passaggio che infrange l’archetipo dell’insegnante maschio con la giovane allieva. Qui l’insegnante è una donna, Eleonora, più matura, ricca di esperienze ma alla ricerca, forse, di ciò che più le manca, il rapporto madre figlio.
La scrittura della Murgia è viva e tagliente, talvolta cruda, a descrivere sofferenze e inciampi, a tratteggiare l’amore che lega e allontana i due protagonisti. Dalle sue parole pare talvolta di sentire la durezza e la forza vitale della sua terra d’origine.
Ma la Murgia va oltre e al suo Chirù dà anima e un profilo virtuale. Poco prima dell’uscita del romanzo in libreria, infatti, la scrittrice ha aperto la pagina facebook di Chirù, offrendo così al suo protagonista la possibilità di raccontarsi come un adolescente qualsiasi. E poi un profilo su Tumbler, social molto amato dai giovanissimi, perché permette di condividere foto e citazioni. Dalle pagine web Chirù continua a parlare, a raccontarsi, anche oltre al libro: della sua passione per la musica, di libri, film, di Cagliari, degli amici. Scrive, posta, fotografa. E scorrendo la sua pagina ci si immerge nella sua vita, quasi dimenticandosi che è un personaggio immaginario. La Murgia con questa mossa sconcerta e stupisce e forse vuole ricordare che il confine fra la realtà e la fantasia è molto più labile di quanto si creda.