Strade come rughe sul volto
recensione di Luigi Marfé
dal numero di gennaio 2015
Teju Cole
OGNI GIORNO È PER IL LADRO
ed.orig. 2007, trad. dall’inglese di Gioia Guerzoni
pp. 142, € 16
Einaudi, Torino 2014
Le strade di una città, ha scritto una volta Borges, sono come le rughe di un volto: la memoria si tuffa tanto a fondo nel loro passato da rivelare le storie e i segreti degli uomini che le hanno abitate, vissute, attraversate, fatte germogliare. È così anche per la Lagos di Teju Cole, che dopo le atmosfere newyorkesi di Città aperta (Einaudi, 2012; cfr. “L’Indice” , 2013, n. 10) torna ora con questo Ogni giorno è per il ladro, in cui racconta l’esperienza del suo primo ritorno in Nigeria, a quindici anni di distanza dal momento dell’emigrazione negli Stati Uniti. Corredato di un ricco apparato di fotografie, opera dello stesso Cole, il libro ebbe una prima edizione in Nigeria nel 2007, e rappresenta l’opera prima dello scrittore africano; negli Stati Uniti, come ora in Italia, è invece apparso più tardi, a seguito del successo di Città aperta. Con lo sguardo straniato dell’emigrato che torna in patria, ritrovando ogni cosa identica a come l’aveva lasciata e nello stesso tempo irrimediabilmente diversa, Cole narra le contraddizioni che non hanno mai smesso di percorrere la capitale nigeriana: uno spazio metropolitano denso di voci e di sogni, ma nondimeno invischiato in problemi apparentemente irresolubili, come la piaga di una corruzione che avvolge ogni aspetto della vita pubblica della città, la diffusione endemica di miseria e povertà, le assidue e brutali esplosioni di violenza.
Ogni giorno è per il ladro dà a questo affollato universo urbano la forma di un diario, fatto di brevi brani narrativi che segnano altrettanti momenti del viaggio di Cole, dalle difficoltà al consolato nigeriano a New York per rinnovare il passaporto fino alle peregrinazioni senza fretta e senza meta per le strade di Lagos. Come il personaggio di Julius in Città aperta, anche il narratore di questo volume pare poco interessato a dare un’immagine fattuale e oggettiva della metropoli nigeriana, prediligendo la più sottile verità dell’aneddoto: passo dopo passo, attraverso dettagli fugaci e stralci di conversazione, colleziona ragioni e desideri dei suoi abitanti, seguendo i sentieri che la storia si è sforzata di aprire nel corso del tempo, quelli che ha accantonato, quelli che ha preferito non intraprendere. La scrittura fluttua alternativamente sulle onde della nostalgia, della partecipazione, della rabbia, dell’ironia, a seconda che a prevalere sia la fascinazione per la città-labirinto, brulicante di mistero e proiettata nel futuro, o la repulsione per le opportunità che essa non smette, quotidianamente, di sprecare.
“Non c’è storia che non sia vera”, sosteneva Chinua Achebe, e anche Ogni giorno è per il ladro pare pervaso da un famelico “senso di realtà”. Centro febbrile e pulsante di Lagos è per Cole il mercato, luogo mercuriale degli incontri, degli affari e delle frodi (cui allude anche il titolo del libro, parte di un proverbio locale, secondo cui “ogni giorno è per il ladro, ma uno è per il padrone”, come a dire che per ogni conto aperto verrà il momento del saldo), caotico e mai silente, in cui il genio del luogo trova il suo palcoscenico ideale, la propria piena realizzazione. “Al mercato si va per partecipare al mondo”, si legge nel libro, “Se rimani a casa, se ti rifiuti di andare al mercato, come puoi sapere dell’esistenza degli altri? Come puoi sapere della tua stessa esistenza?”.
In questo convulso coacervo di rumori e di corpi, la frase che più spesso si sentirebbe dire a Lagos, secondo Cole, sarebbe idea l’a need, vale a dire, pressappoco, “è il pensiero che conta”, “basta l’idea”. In una metropoli gravida di rimpianti, le persone vi troverebbero un’irriducibile consolazione, cercando di convincersi ogni volta, anche di fronte alle evidenze più sfavorevoli, di aver ottenuto ciò che volevano, almeno a livello astratto. Cole prende le distanze dall’ingenuità di questo meccanismo di illusione collettiva, svelando come l’innominabile tabù della città sia quello dell’infelicità personale, da negare a ogni costo, non diversamente che in Occidente.
Eppure, proprio in questa ostinata fiducia nel futuro si può anche scorgere un motivo per cui continuare a scommettere sulla metropoli nigeriana: “Ogni volta che, tornando a Lagos, finisco per caso in un angolo d’inferno, spunta sempre qualcosa che mi dà speranza”. Una fiducia che raggiunge punte visionarie allorché Ogni giorno è per il ladro accenna al buio della notte africana, quando i generatori che forniscono le abitazioni di corrente elettrica si spengono, e non resta all’uomo che accendere le luci della propria immaginazione.
luigi.marfe@unito.it
L Marfè è traduttore e dottore di ricerca in letterature comparate all’Università di Torino