La verità, vi prego, sull’uomo
Il numero di marzo si apre con uno sguardo rivolto al mondo contemporaneo e alle elezioni americane. Individuando nel presidente statunitense un frutto coerente e tardivo del maccartismo, Andrea Mattacheo così parla di Trump: “Un giovane rampante divorato da una smisurata ambizione, figlio di un imprenditore arricchitosi speculando sulle macerie del sistema di edilizia popolare immaginato dall’amministrazione Roosevelt e distrutto da chi era venuto dopo. Un prodotto confezionato alla perfezione dagli anni cinquanta. L’avvocato Cohn a quella ‘sua creazione’ impartì due lezioni che gli sarebbero state utili in ogni situazione, dalle tante cause legali intentate contro di lui alla campagna elettorale: non mostrarti mai debole e rivendica il tuo successo prima di ogni cosa. Cohn sapeva che tutti sarebbero caduti in quello che Frederick Exley ha definito, parlando proprio degli anni cinquanta in Appunti di un tifoso, l’errore americano di far coincidere la realizzazione personale con una qualche qualità morale; lo sapeva perché aveva contribuito lui stesso a ristabilire quell’ordine etico”.
L’argomento delle elezioni americane viene ripreso da Ida Dominijanni, sempre nella sezione dei “Segnali”, con riferimento al libro di Roberto Esposito Da fuori sulla storia dell’Europa: “L’accelerazione impressa alla crisi europea dall’elezione di Donald Trump alla presidenza americana sembra confermare questa tesi, avvalorata del resto, e a maggior ragione, dall’impatto esplosivo sulle nostre democrazie di un altro ‘fuori’, quello delle masse di rifugiati e migranti che non smettono di riversarsi nel vecchio continente a dispetto dei muri innalzati, o minacciati o fantasticati, contro di loro. Senonché si tratta, in entrambi i casi, di due ‘fuori’ per modo di dire, che emergono in realtà dentro l’Europa, se è vero che Trump è il corrispettivo americano delle derive nazional-protezioniste che minacciano dall’interno la costruzione dell’Unione e che l’immigrazione è l’effetto della sciagurata storia del colonialismo e della politica mediorientale europee”. Una storia condivisa dunque fra Europa e America che, come spiega un altro autore dei “Segnali”, Marco Ferrari, “non poteva che trattare di guerre, accordi, invasioni e scomparse di imperi”.
Occorre un’ottica divergente per distogliere lo sguardo dai disastri della relazione sociale fra umani e fissarlo sul rapporto fra uomo e animali e sul delicato processo della domesticazione degli animali. Una prospettiva inconsueta a cui cerca di introdurci Ferrari in un interessante excursus sull’evoluzione storica del rapporto fra uomo e animali, a partire dalla Storia naturale della domesticazione dei mammiferi di Juliet Clutton-Brock : “Eppure uno sguardo un po’ più freddo avrebbe potuto permetterci di capire che per buona parte della nostra vicenda ‘che conta’ siamo stati accompagnati da altre specie, che hanno profondamente modificato il nostro comportamento, il nostro impatto sul pianeta, persino il nostro modo di pensare e di evolvere (…). L’uomo, si dice, ha trasformato uno o più selvaggi predatori in buoni amici, l’uomo ha completamente cambiato la natura aggressiva di un enorme erbivoro e lo ha fatto diventare una specie di macchina da carne e latte, l’uomo ha plasmato la forma di un piccolo abitante delle steppe asiatiche in un ‘nobile animale’ protagonista di leggende”.
C’è un passo breve dagli animali addomesticati a quelli di cui si parla nel libro Il bestiario del papa di Agostino Paravivini Bagliani, su cui si esprime con entusiasmo il recensore Vitale Brovarone: “Questo libro è riuscito. Una prolungata attenzione alla presenza degli animali (siano essi animali da serraglio, corrida, o anche d’affezione) si interseca con la tradizione papale, filopapale e antipapale (quest’ultima anche piuttosto virulenta), a molte riprese, mettendo in evidenza una tradizione ininterrotta, ma estremamente variabile, fatta di accettazione e di rifiuto consapevoli, di continui cambiamenti, che giungono sino agli ultimi papi, con vistose svolte, in particolar modo da Paolo VI a Francesco I, con fenomeni, come il pappagallo e addirittura il coccodrillo di quest’ultimo, che senza questo libro assumerebbero un significato storico ben poco percepibile”.
L’uomo entra in contatto e si scontra con gli altri uomini e si rispecchia nei propri animali, in un processo di domesticazione, ma si confronta anche con l’immagine di Dio. Al centro del “Primo piano” il bellissimo libro di Schiavone su Ponzio Pilato e il dialogo con Gesù. Scrive Walter Meliga: “Pilato deve essere rimasto incerto di fronte alla proclamazione del regno, ma non manca di intervenire sulla verità, scandalosamente testimoniata dal prigioniero che ha di fronte, con una domanda (‘Che cosa è la verità?’) che è ancora la nostra. Una domanda senza risposta, alla fine del primo dialogo, perché Gesù non ribatte o perché Pilato (Giovanni ci dice che, avendola pronunciata, uscì dal pretorio per trattare con il gruppo degli accusatori) non gliene dà il tempo”.
La verità sull’uomo: ecco la nostra traccia; ma per trovare alcune significative schegge di verità bisognerà anche confrontarsi con le molte pagine su narratori italiani e autori classici di cui si parla in questo numero, dall’atipico Mari al Bassani scrittore per il cinema, dal “rompicapo” Céline al dissacrante Schnitzler autore teatrale.
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